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Apr 25, 2024 | Attualità, Migranti

La storia della ‘Banda Mario’ e dei partigiani africani: vogliamo dedicare questo 25 Aprile ai combattenti africani e a coloro che ogni giorno sfidano i deserti, i trafficanti di esseri umani, il mare, le montagne, le polizie per il diritto a una vita migliore

Napoli, maggio 1940. Il regime fascista organizza nel capoluogo partenopeo la ‘Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare’, una sorta di ‘esposizione’ dell’Impero Coloniale. Viene inaugurata da Vittorio Emanuele III. La Mostra presenta tre grandi articolazioni tematiche: la sezione geografica comprende “visioni complete e suggestive dei nostri possedimenti”; la sezione dedicata alla produzione documenta le attività svolte nei territori e illustra le possibilità economiche legate alla produzione autarchica, italiana e coloniale “per il potenziamento economico dell’Italia imperiale”.

Infine, la sezione storica attraverso l’opera coloniale romana nel Mediterraneo, l’espansione delle Repubbliche marinare, l’attività “civilizzatrice” di pionieri, esploratori, missionari e mercanti, intende affermare la continuità storica e ideale fra l’Impero Romano e il nuovo Impero littorio.

Il complesso copre un’estensione di 1.200.000 mq nella zona dei Campi Flegrei. Il progetto elaborato dall’architetto Marcello Canino prevede la realizzazione di ben 54 edifici, in parte destinati ad ospitare le esposizioni ed in parte destinati all’attività ricreativa.

Ci sono poi i padiglioni dell’Africa Orientale Italiana con tanto di chiesa copta, villaggi abissini, un intero sobborgo tripolino con palme, caffè, empori e un minareto. E per rendere il tutto più credibile vengono portati dalle colonie una sessantina di persone, donne e uomini. Sono lo “zoo umano” della Mostra.

Ma dopo appena un mese scoppia la guerra e tutto cambia.

Il gruppo di africani subisce una serie di vicissitudini fino ad essere portato nel Maceratese e rinchiuso, in una sorta di libertà vigilata, in una villa che aveva già ospitato un luogo di internamento femminile.

Dopo l’armistizio molti di questi «neri della Pai» scelgono la via partigiana, entrando nel battaglione “Mario” che opera nell’area del monte San Vicino. La Banda Mario è il più noto battaglione transnazionale e multietnico di tutta la Resistenza anche se la sua storia è ancora poco nota.

Il comandante, Mario Depangher, era nato a Capodistria nel 1897 e già a quattordici anni si era iscritto al Movimento Giovanile Socialista. Dopo vent’anni passati tra scioperi, arresti, espatri e clandestinità, si ritrovò nel ’32 al confino di Ponza, con Sandro Pertini, poi a Ventotene, e infine internato a San Severino. Qui, poco dopo la caduta di Mussolini, cominciò a organizzare un gruppo di antifascisti armati.

Già il 14 settembre, sei giorni dopo l’Armistizio, attaccavano un deposito di munizioni, prelevando bombe a mano, caricatori e granate per mortai da 45. Nella Banda Mario ci sono britannici, francesi, polacchi, boemi, jugoslavi, sovietici. E, appunto, etiopi, somali ed eritrei fuggiti dalla prigionia. Uomini e donne. «A very mixed bunch», li definì John Cowtan, un soldato inglese che fece parte del gruppo.

La storia della Banda Mario è stata ricostruita da Matteo Petracci dell’Università di Macerata nel libro “Partigiani d’Oltremare”.

Delle imprese partigiane degli africani della Banda Mario non si sa molto. Certo è che presero parte a tutte le rappresaglie del gruppo che per 10 mesi fu uno dei più attivi nell’entroterra maceratese. Tra queste anche la battaglia di Valdiola, tra il 23 e il 24 marzo 1944 quando, quasi accerchiati da centinaia di tedeschi e fascisti, i partigiani riuscirono ad evitare la dispersione del gruppo continuando i sabotaggi al nemico. Il pericolo degli africani di Villa Spada fu riconosciuto anche dalla Repubblica sociale italiana, lo stato fascista nato nell’Italia del Nord dopo l’armistizio. Il ministero dell’Interno, infatti, scrisse dell’importanza di trasferire immediatamente il gruppo di Treia, ricordando che molti stranieri si erano dati alla macchia con i partigiani e che, utilizzando un espressione che rimanda al regno animale, erano “particolarmente feroci”.

Petracci, con il suo lavoro, riesce a dare grande risalto all’apporto dei partigiani di origini africane della Banda Mario, alcuni dei quali diedero la vita per la Resistenza. Grazie alle sue ricerche, ad esempio, è riuscito anche a individuare la tomba di uno dei più famosi di loro, l’etiope Carlo Abbamagal, una delle guardie del corpo di Mario Depangher. Morto a Frontale d’Apiro il 24 novembre 1943, durante uno scontro con i nazisti. Grazie a Petracci, nel 2014 Abbamagal è stato degnamente sepolto, con tanto di lapide onorifica.

Fra i partigiani sopravvissuti della Banda Mario, invece, c’era il somalo Aden Sciré, l quale, una volta ritornato in patria, ha partecipato al processo di decolonizzazione della Somalia per poi diventare ministro della giustizia e della religione.

Vogliamo dedicare questo 25 Aprile ai combattenti africani e a coloro che ogni giorno sfidano i deserti, i trafficanti di esseri umani, il mare, le montagne, le polizie per il diritto a una vita migliore.

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