Caro diario, addio. Dalla Smemo al feed

Feb 16, 2024 | Opinioni

di Laura Orsenigo

La “fine di un mondo”. Così, con toni tra l’apocalittico e il nostalgico, è stata annunciata su molte testate nazionali la chiusura del marchio Smemoranda. Chiusura avvenuta il 20 gennaio 2024, a seguito dell’asta, andata deserta, in cui nessuno ha espresso la volontà di acquistare il famoso marchio di agende nato nel 1978.

Ed ecco allora sollevarsi un R.I.P. corale, amaro e amareggiato, per l’addio non solo a un oggetto-simbolo, ma anche e soprattutto, a un modo di vivere e di essere giovani che sembra appartenere proprio a un altro mondo.

O forse no?

Mi interrogo, da genitore di figli adolescenti e da ex utilizzatrice della famosa Smemo. No, i miei figli non hanno nessuna agenda e no, non c’è nemmeno nessun rito sull’acquisto del diario scolastico a settembre. Perché da diversi anni il diario su cui annotare i compiti viene fornito direttamente dalla scuola (e parliamo di istituti pubblici dalle elementari alle medie): un diario uguale per tutti, sobrio e funzionale, che serve solo come strumento didattico.

Una noia insomma. Peraltro abbastanza snobbato dai ragazzi, visto che gli stessi compiti che loro segnano a penna su quelle pagine vengono poi riportati in formato digitale sul RE (il famigerato Registro Elettronico) dagli insegnanti.

Un doppio canale che prelude a un doppio controllo: dello studente e del genitore, sempre più coinvolto nelle “faccende” scolastiche dei figli. E dunque se da una parte la scuola preme per mantenere il diario “perché i ragazzi vanno responsabilizzati a gestire gli impegni e le scadenze”, dall’altro li deresponsabilizza creando una “bella copia” di quegli stessi impegni e scadenze a uso loro e di mamma e papà. Tanto inutile che poi, dalle superiori, quando l’istituto non fornisce più i diari, i ragazzi non li comprano più e utilizzano solo lo strumento digitale.

Lontani insomma i tempi della Smemo, regno indiscusso e inviolabile di ciascun ragazzo o ragazza, dove solo tu sapevi come e dove e cosa annotare, in mezzo a una miriade di foto, sticker, ritagli, dediche e decori che rendevano quell’agenda la “tua” agenda, il tuo regno. Dove di sicuro non erano ammessi mamma o papà.

Meglio? Peggio? Diverso sicuramente.

E poi non c’è solo la questione “compiti”. Quello in realtà era quasi un pretesto per farsi comprare la Smemo. Il vero motivo che ti spingeva ad acquistarla era per imbottirla di quelle millemila cose. Usarla come raccoglitore di tutti i tuoi ricordi, sogni, passioni. Renderla la tua “copertina di Linus”, ma griffata.

Il tuo “feed” si direbbe oggi. Il tuo profilo. La tua pagina. Il tuo canale. Ma no, non è la stessa cosa. Per un motivo sostanziale.

Ieri quello era uno spazio solo tuo, privato. Oggi gli spazi digitali sono pubblici. Per quanto possano essere “profili privati” sono comunque accessibili ad altri: pochi magari, selezionati, ma comunque ci sono. La Smemo decidevi tu quando e se e a chi aprirla. Oggi il tuo “diario online” è sempre aperto, a occhi, commenti e giudizi di altri. Meglio? Peggio? Forse semplicemente non paragonabile. Ma quel passato resta… la nostra non smemorabile Smemo.

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