Safeguarding, le nuove norme nello sport italiano

Mag 27, 2024 | Opinioni

lavoro fragile

Un’innovazione importante, avanzata e civile, che risponde a una serie di direttive europee, che avrebbe motivo di essere applicata in moltissime realtà di carattere educativo, anche non sportive


Damiano Dalerba, membro del CdA della Cooperativa Il Melograno, è Responsabile senior dello staff consulenze di TeamArtist, brand specializzato nell’amministrazione di Associazioni no profit.


Nel 2021 l’allora governo Draghi promulgò il Decreto Legislativo 36/2021, anche detto “Riforma dello Sport”. Non tutti ne sono consapevoli, ma l’Italia è uno dei pochissimi paesi al mondo in cui lo sport, a tutt’oggi, è praticamente un’esclusiva delle organizzazioni no profit. Non saprei dire se si tratti di un pregio o di una virtù, ma sicuramente è un’eccezione molto particolare e, come tale, viene gestita in modo asimmetrico rispetto a tanti altri settori produttivi italiani.

Tra le particolarità di questo settore vi è, appunto, un obbligo che scatta dal 1° luglio 2024 riguardo alle norme di Safeguarding, un termine inglese che identifica le tutele che si devono mettere in campo per evitare, prevenire, denunciare, esaminare, reprimere e sanzionare qualsiasi tipo di violenza, abuso o discriminazione all’interno di uno specifico contesto.

Il primo passaggio di questa svolta, che potremmo definire epocale, è stato dare mandato a tutte le organizzazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI – che si distinguono in Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Nazionali (che perseguono un unico sport, le Federazioni per gli sport già olimpici, le Discipline per gli sport che ambiscono a diventarlo) e Enti di Promozione Sportiva (che perseguono tutti gli sport ma a livello amatoriale) – di creare delle Linee Guida entro il 31 agosto 2023, da passare poi alle realtà di base per creare i propri Modelli e Codici di Condotta.

Queste Linee Guida, che nascevano differenziate con l’idea che ogni sport avesse delle condizioni strutturali diverse (si passa dal nuoto, dove è normale che gli atleti siano seminudi e si debbano spogliare e lavare in ambienti comuni, agli scacchi, dove ciò non capiterà mai), sono pressoché state realizzate tutte uguali con grandi copia-incolla ma, senza dubbio, hanno avuto il pregio di fissare dei pilastri di ragionamento assolutamente non banali. Ad esempio, si va a definire con un apposito glossario cosa si intenda per negligenza (il mancato intervento di un dirigente, tecnico o qualsiasi tesserato, anche in ragione dei doveri che derivano dal suo ruolo, il quale, presa conoscenza di uno degli eventi, o comportamento, o condotta, omette di intervenire causando un danno, permettendo che venga causato un danno o creando un pericolo imminente di danno) o per comportamento discriminatorio (qualsiasi comportamento finalizzato a conseguire un effetto discriminatorio basato su etnia, colore, caratteristiche fisiche, genere, status socio-economico, prestazioni sportive e capacità atletiche, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale).

Dal 1° luglio 2024, quindi, tutte le ASD – Associazioni Sportive Dilettantistiche e tutte le SSD – Società Sportive Dilettantistiche italiane – le organizzazioni no-profit che in Italia sono le uniche realtà a poter gestire lo sport agonistico, ambito precluso al profit puro, dovranno aver adeguato i propri processi al safeguarding per la lotta e il contrasto ai seguenti abusi, violenze e discriminazioni: abuso psicologico, fisico o di matrice religiosa, molestia sessuale, negligenza, incuria, bullismo, cyberbullismo, comportamenti discriminatori.

Dal punto di vista pratico dovranno dotarsi di un Modello Organizzativo di Gestione e Controllo (MOGC), cioè di un insieme di regole per – come detto sopra – evitare, prevenire, denunciare, esaminare, reprimere e sanzionare qualsiasi tipo di violenza, abuso o discriminazione all’interno della propria realtà; di un Codice di Condotta (CDC), cioè di un insieme di regole pratiche e concrete da consegnare ad atleti, genitori, dirigenti e istruttori per evitare che si possano ingenerare violenze, abusi e discriminazioni; e di un ReCAViD, cioè di un Responsabile contro Abusi, Violenze e Discriminazioni, una persona fisica, terza rispetto alla realtà sportiva, che possa ricevere anche indicazioni anonime e agisca con la massima sollecitudine a ogni segnalazione.

Si noti bene, queste precauzioni non sono esclusivamente a tutela dei minori ma di tutti coloro che a qualsiasi titolo gravitano attorno alle realtà sportive. Per fare un esempio, le regole anti-discriminazione vogliono anche tutelare la rappresentanza di genere all’interno degli organismi dirigenti.

Si tratta quindi di un’innovazione estremamente importante, avanzata e civile, che risponde a tutta una serie di direttive europee. Non si può non notare però come vi sia una forte asimmetria, a questo punto, tra l’ambito sportivo e… tutti gli altri. All’atto pratico, questo impianto avrebbe motivo di essere applicato in moltissime realtà anche non sportive, di carattere educativo: dalle scuole di ogni ordine e grado agli oratori, passando per tutte le realtà che si occupano di tempo libero, come scuole di musica, di teatro, ecc. Speriamo quindi che questo impianto possa diventare uno standard diffuso.

Immagine di freepik

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