Cutro, un anno dopo: le difficoltà di una nuova accoglienza

Feb 26, 2024 | Attualità

decreto cutro

di Stefania Campagna | Coordinatrice progetti di inclusione e accoglienza

È l’alba del 26 febbraio 2023, le 4.35 per l’esattezza, quando davanti alla spiaggia di Cutro, nel Crotonese, avviene uno dei naufragi più crudeli e terribili degli ultimi anni: 94 morti di cui 34 minori, un numero non precisato di dispersi, il sogno di nuove vite spezzato irrimediabilmente. Tra le salme depositate nel cimitero ci sono almeno 5 bambini, di alcuni non sappiamo nemmeno l’età: nessuno è mai andato a chiedere di loro.

Poteva essere evitato? Forse sì, a stabilirlo saranno le indagini tuttora in corso che faranno chiarezza sull’operato della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera durante le richieste di soccorso.

A fronte della tragedia avvenuta, il 10 marzo 2023 viene promulgato il c.d. Decreto Cutro, che punta su politiche securitarie con il fine di abbassare il numero delle partenze dai paesi di origine (e di conseguenza degli sbarchi) e nuovi reati. Secondo i dati del Ministero degli Interni tuttavia, alla fine del 2023 gli sbarchi sono stati 155.754, circa il 50% in più rispetto all’anno prima e più del doppio rispetto al 2021.  

Il Decreto Cutro viene convertito in legge nel mese di maggio: possiamo dire di considerare aperta una nuova fase di gestione dei flussi e di regolamentazione e conversione dei permessi di soggiorno. Tanti sono i dubbi che chi si intende di migrazione ha in merito al Decreto Cutro poi convertito in legge, ma per certo sappiamo che al momento questo è un punto di non ritorno, nell’accoglienza di chi arriva e nella permanenza di chi già si trova nel territorio.

Le conseguenze del Decreto Cutro

Sono diversi i cambiamenti e le conseguenze introdotte dal Decreto Cutro (che cito in parte): procedure di riconoscimento della protezione internazionale, protezione speciale e il sistema di accoglienza.

Riconoscimento della protezione internazionale

In merito alle procedure di riconoscimento della protezione internazionale, con l’art 7-bis in materia di procedura accelerata (possibilità di presentazione della domanda di protezione internazionale direttamente alla frontiera o nelle zone di transito da parte dello straniero proveniente da un Paese di origine designato come “sicuro”) si prevede il dimezzamento dei tempi per presentare ricorso e l’assenza della sospensiva automatica del provvedimento di espulsione collegato al diniego: il migrante dovrà quindi presentare una domanda esplicita di sospensione e qualora questo non avvenga non avrà più titolo per restare in Italia. È d’obbligo in questa fattispecie chiedersi con quali competenze giuridiche e linguistiche un migrante appena arrivato in Italia (ma varrebbe per ogni Paese) possa presentare una domanda di sospensione o per lo meno, con quali strumenti di rete sul territorio possa recarsi in un qualsiasi sportello legale per chiedere aiuto. Ancora più a monte, la procedura accelerata non dà al migrante l’orientamento legale minimo necessario per potersi muovere nello scenario di richiesta di asilo.

Il trattenimento dei richiedenti asilo nei CPR

Sempre l’art 7-bis al secondo comma si concentra sul trattenimento dei richiedenti asilo, prevedendo il trattenimento dei richiedenti asilo nei CPR per i casi in cui sussiste il rischio di fuga. L’elemento degno di nota risulta essere quello per cui anche il mancato possesso di passaporto (art. 13) costituisce rischio di fuga (siamo tutti consapevoli di come i documenti del paese di origine – fra cui gli stessi passaporti – vadano persi o rubati durante la traversata). Possiamo dunque affermare, sulla base della nostra esperienza, che secondo questo articolo, un migrante su due dovrebbe essere trattenuto in un CPR e tutto questo è ovviamente inaccettabile.

Per completezza di informazioni, ritengo interessante citare il rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) che afferma: “la posizione dell’UNHCR, in linea con il diritto internazionale dei rifugiati e dei diritti umani, è che, in qualunque circostanza, il trattenimento dei richiedenti asilo dovrebbe essere generalmente evitato e considerato solo come misura di ultima istanza, in ogni caso non idonea per i minori e, in linea di principio, per le persone sopravvissute a violenza e trauma”. Infine, l’UNHCR ricorda che “il trattenimento deve trovare fondamento in uno scopo legittimo, quale ad esempio l’esecuzione di una decisione definitiva di rimpatrio nei confronti di una persona che non abbia alcun bisogno di protezione o altro titolo di soggiorno”. Credo che sia molto interessante sottolineare la distanza e la discrepanza fra il diritto internazionale e quello nazionale che, al posto che convergere in tema di tutela dei rifugiati, sembrano allontanarsi con modalità incompatibili.

Permessi di soggiorno per protezione speciale

In secondo luogo, la legge Cutro modifica in maniera molto grave il permesso di soggiorno per protezione speciale limitandone la possibilità di rinnovo ad una sola volta con durata annuale e non permettendo la convertibilità in permesso di soggiorno per motivi di lavoro (restano convertibili in altre forme di permessi di soggiorno: familiare, studio, residenza elettiva).

Il rischio di tornare a un “regime di invisibilità”

Dunque assistiamo ad una situazione nella quale abbiamo costruito all’interno delle strutture di accoglienza (di cui parliamo sotto) percorsi di successo con migranti che hanno ottenuto questa protezione e che nell’arco di un anno o due hanno trovato un lavoro in regola e stanno per trovare una casa in affitto, il tutto con regolari contratti e a fronte dei regolari versamenti delle tasse nel nostro paese. Di colpo, non avendo la possibilità di convertire il permesso per lavoro, restano appunto senza lavoro, senza casa, senza documenti e senza accesso al servizio sanitario nazionale (se non in regime di STP). Quello che appare, è il rischio di tornare ad un “regime di invisibilità” per lo Stato Italiano. Ci stiamo dicendo quindi, che possiamo essere noi i primi responsabili di un aumento esponenziale del rischio di lavoro nero, di sfruttamento, di caporalato e di condizioni abitative senza tutele. A tal proposito, basti pensare ad esempio a quanto accaduto pochi giorni fa in un cantiere per la costruzione di un noto supermercato nel fiorentino, in cui hanno perso la vita due lavoratori irregolari, sprovvisti sia di regolare contratto di lavoro che di documenti. È un paragone forte, ma è lecito pensare che questa potrebbe essere una delle derive del decreto.

Sistema di accoglienza, che cosa è cambiato dopo la legge Cutro

Parliamo ora di accoglienza, di cui la Cooperativa Il Melograno si occupa da diversi anni, con professionalità e passione, con un team di persone che crede in ciò che fa e che lotta tutti i giorni contro gli abusi di potere di istituzioni spesso poco formate e pronte a questa gestione. Come è cambiato lo scenario dell’accoglienza dopo Cutro?

È doveroso fare una distinzione fra i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) che sicuramente ad ora hanno pagato il prezzo più alto e le strutture appartenenti al Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI).

Il taglio di servizi fondamentali nei CAS

In riferimento alla prima tipologia di accoglienza, i CAS, si assiste ad un taglio netto di servizi fondamentali: stop all’assistenza psicologica, all’orientamento legale e all’insegnamento della lingua italiana. L’art. 10 della Costituzione Italiana sancisce che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge” e dunque la considerazione necessaria a fronte dei cambiamenti post legge Cutro è doverosa: come può un migrante godere ed esercitare questo diritto senza che gli vengano spiegate le modalità? Inoltre, e non di minore importanza, sappiamo quanto sia necessaria l’assistenza psicologica per persone che provengono da numerosi traumi, sia nel paese di origine che durante il viaggio migratorio (basti pensare alla situazione in Libia); tutti traumi che non verranno curati e che possono sfociare in temi di salute mentale sulla quale sarebbe necessario aprire altri capitoli di riflessioni.

Il limbo del CAS

Il CAS finisce così per diventare una sorta di dormitorio, obbligando gli ospiti a vivere in un limbo, senza poter imparare l’italiano e di conseguenza lavorare, senza poter curare ferite psicologiche che quasi sempre sono presenti. Tutto questo si protrae per mesi e anni, perché ad oggi i tempi per la formalizzazione della richiesta di protezione internazionale superano di gran lunga i 10 giorni stabiliti dalla legge, come ben evidenziato dal rapporto del Naga. In aggiunta, la convocazione per l’audizione in commissione territoriale può richiedere anni e lasciare il migrante sempre in una condizione di precarietà e incertezza. Non è un caso, purtroppo, che negli ultimi anni alcuni migranti abbiano deciso di togliersi la vita, sia nei CAS sia soprattutto nei CPR, a causa delle condizioni di vita precarie.

La situazione nei SAI

Migliore è la situazione per i SAI, ai quali dopo la legge Cutro non possono accedere i richiedenti asilo se non con particolari fragilità. Punto dolente per i SAI è quello di dover fare i conti con una normativa complessa in tema di protezione speciale, per cui gli attuali beneficiari titolari di questa protezione vivono in momento di completo spaesamento. A questo si aggiunge un’ulteriore criticità legata a quanto avviene nelle Questure, per cui il migrante viene spesso mandato via senza spiegazioni adeguate e senza un documento scritto che gli attesti il rigetto del rinnovo o conversione del permesso di soggiorno.

Come abbiamo reagito al terremoto normativo del Decreto Cutro?

Per prima cosa, non ci siamo arresi. Andiamo avanti con fatica e spesso con frustrazione, andiamo avanti a studiare e a formarci su questi temi, soprattutto in questi periodi riteniamo sia fondamentale “non perdere colpi”. Abbiamo costruito e lo facciamo tuttora reti importanti sul territorio, con attori del terzo settore e con committenze inclusive e preparate, in modo da garantire un confronto multidisciplinare costante capace di rispondere efficacemente alle nuove sfide e difficoltà del sistema.

Dialoghiamo con le Istituzioni, pretendendo che non ci siano abusi di potere o diritti negati; per farli valere però è necessario conoscerli. Per fare questo lavoriamo e ci confrontiamo con diversi avvocati, in modo da poter spiegare meglio ai migranti come esercitare i propri diritti.

Tutto questo è inoltre possibile grazie alle equipe di lavoro che abbiamo costruito, che con passione, dedizione, professionalità e amore portano avanti il loro lavoro, ognuno nel proprio ruolo e in prima fila per accompagnare i migranti verso percorsi di autonomie, essendo consapevoli che prendere atto dei limiti del sistema non è più sufficiente, dobbiamo superarli.

Accoglienza basata sul riscatto

Per concludere, promuoviamo un’accoglienza basata sul riscatto e non sulla “privazione” e lo facciamo cercando di garantire ugualmente (seppur in maniera ridotta) quei servizi che sono stati eliminati dalla legge Cutro, per restituire una parvenza di “normalità” ad un’accoglienza che, a nostro modo di vedere, ha perso in dignità.

Scopri le categorie del blog

Articoli correlati

Seguici sui social

Il Melograno è anche Formazione