di Daniele De Luca
Intervista a Lorenza Ghidini, neo direttrice di Radio Popolare
Con oggi, su “Vengo anch’io” lanciamo un nuovo capitolo, aprendoci alle interviste, per chiedere punti di vista su ciò che succede, sulle novità in campo sociale, sui diritti, insomma su tutto ciò che è tipico del lavoro di un soggetto sociale come il nostro.
Cominciamo gli incontri, nella settimana della giornata internazionale della donna, parlando con Lorenza Ghidini, da pochi giorni direttrice di Radio Popolare: con lei parliamo di 8 Marzo, delle donne finalmente in primo piano nella politica nazionale, di quote rosa e di diritti, tornando sull’interruzione di gravidanza e sulla legge costituzionale francese.
Lorenza Ghidini lavora a Radio Popolare da più di trent’anni. Un record nel campo del giornalismo italiano soprattutto se consideriamo che Radio Popolare, una delle pochissime fonti di libera informazione rimaste in Italia, vive soprattutto grazie al contributo diretto dei suoi ascoltatori.
Lorenza Ghidini ha fatto tutta la ‘gavetta’, formandosi come giornalista sotto la direzione di Piero Scaramucci. Le sue passioni sono la storia della Liberazione, le trame neofasciste che hanno segnato per 30 anni il nostro paese, e Bruce Springsteen. Non necessariamente in quest’ordine. È la prima Direttrice donna della radio. Il che, volendo, può far pensare.
8 marzo festa oppure 8 marzo sciopero?
«A Radio Popolare noi donne abbiamo deciso anche quest’anno di aderire allo sciopero indetto da Non Una di Meno. Ci sembra una forma efficace di protesta, e di motivi per protestare ce ne sono sempre molti».
Meloni, Schlein, Todde: il potere è donna?
«Più che potere, direi che questo è il momento in cui si stanno aprendo nuovi spazi per le donne nei ruoli di vertice. La sfida, semmai, è proprio quella di interpretare questi ruoli con modalità diverse da quelle “di potere” tipicamente maschili».
Nel giornalismo italiano le donne direttrici sono poche: perché?
«Nel giornalismo, come in molti altri campi, le donne sono poche, ma non credo ci sia una specificità in negativo nel nostro settore. Come dicevo, c’è in questo momento una nuova consapevolezza della necessità di “fare spazio” alle donne, credo sia molto legata alle riflessioni che sono state fatte dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin».
In questo nuovo contesto, le quote rosa servono ancora?
«Le quote rosa secondo me sono utili, o almeno lo sono state in anni in cui c’era meno sensibilità di oggi. Non per niente la Legge Golgo-Mosca del 2011 ha fatto raddoppiare in soli due anni il numero di donne nei Consigli di Amministrazione delle aziende pubbliche e delle società quotate. Se lo spazio non viene mai lasciato dagli uomini, bisogna crearlo».
Preferisci direttrice o direttora?
«Preferisco direttrice, ma se la parola corretta fosse diventata direttora, a seguito delle sacrosante battaglie sul linguaggio, mi sarei adeguata. Mi è stato invece confermato da autorevoli sociolinguiste femministe che è corretto direttrice».
Un obiettivo che ti piacerebbe raggiungere nel tuo primo anno di direzione di Radio popolare?
«Nel primo anno mi piacerebbe, tra le altre cose, che si riconoscesse un approccio femminile alla direzione, che significa andare oltre il piano editoriale: avere cura delle relazioni».
Anche questo 8 marzo le voci di Radio popolare saranno tutte al femminile?
«L’8 marzo, come dicevo, scioperiamo, quindi nessuna voce femminile di Radio popolare comparirà nel palinsesto».
Cosa ti dà più fastidio della ricorrenza 8 marzo?
«Dà fastidio che ancora oggi, che il numero dei femminicidi è così alto, si banalizzi questa ricorrenza come se fosse una festa. Non c’è proprio nulla da festeggiare, c’è da lottare e da lavorare per coinvolgere anche gli uomini in questi discorsi».
Diritto all’aborto: l’importanza del voto francese
«Il diritto all’aborto nella Costituzione francese è un grande passo per evitare che si facciano passi indietro rispetto alle conquiste delle donne. Non per niente il presidente Macron ha deciso di compiere questo passo quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la famosa sentenza Roe vs Wade (quella appunto che garantiva l’accesso all’IVG alle donne statunitensi)».
E la legge 194 in Italia, è applicata in maniera corretta?
«La legge 194 in Italia è sostanzialmente inapplicata in molte regioni d’Italia, in cui il tasso di obiezione di coscienza è talmente alto che una donna che vuole interrompere la gravidanza rischia di far passare il termine di legge prima di trovare un ginecologo disponibile».