Rinnovo CCNL, riconoscere (e misurare) il valore del lavoro sociale e i suoi effetti sulla società

Giu 3, 2024 | Cooperazione

Dopo l’articolo di Dario Colombo, direttore de Il Melograno, e quello di Andrea Bernardoni, responsabile dell’Area Ricerche Legacoopsociali, torniamo a parlare sul nostro Blog del rinnovo del CCNL Cooperative sociali. Lo facciamo con il contributo di Massimiliano Ferrua, che affronta il tema da una diversa prospettiva.


Massimiliano Ferrua, formatore, supervisore di équipe educative e progettista di servizi socio educativi e socio assistenziali, è direttore Ricerca e Sviluppo della Cooperativa Animazione Valdocco di Torino.


*Articolo pubblicato da Vita.it il 3 maggio 2024

Alla notizia dell’avvenuto rinnovo del Contratto collettivo nazionale per i lavoratori della cooperative sociali, si sono moltiplicati i commenti, gli allarmi, le analisi, le previsioni, tutte tanto incerte quanto preoccupanti. Le “parti” pubblicamente si dicono soddisfatte, ma gli stessi che accolgono come dovuto e giusto il rinnovo ammettono che esso non risolverà i problemi fondamentali: la distanza siderale tra complessità e rilevanza dei servizi realizzati dai lavoratori delle cooperative sociali e i loro redditi, l’equità dei trattamenti sul territorio nazionale anche – e almeno – in riferimento a quelli riservati agli operatori sociali alle dipendenze degli enti pubblici, la capacità del sistema della cooperazione sociale di offrire collocazioni lavorative sicure nel tempo.

Più in generale, si può affermare che il nuovo contratto certamente non emancipa i lavoratori delle cooperative sociali dal rischio di essere dei “poveri al lavoro” e altrettanto certamente rende più vulnerabili le cooperative sociali che dovranno garantire gli adeguamenti contrattuali a prescindere dal (discrezionale) adeguamento  di tariffe e prezzi dei servizi da parte degli enti pubblici committenti.

Andiamo quindi incontro a un gioco a somma negativa distruttiva, dove non solo tutti perdono, ma molti rischiano anche di perdere così tanto da scomparire: i lavoratori migrando fuori dalla cooperazione e magari anche fuori dalle professioni sociali, le cooperative passando attraverso collassi finanziari che ne spegneranno il peculiare ruolo di attore di cittadinanza per i loro soci e per i loro utenti, gli enti pubblici riducendosi  a gestori di risposte burocratiche per bisogni complessi incistati in comunità cangianti e liquide.

Il nuovo Contratto non crea questo scenario di rischio, semplicemente impone uno scarto in un sistema che, se è vero che era già fortemente svalutante nei confronti dei lavoratori “del sociale” in genere, era quasi denigratorio verso chi esercita queste professioni nelle cooperative. Il rinnovato Ccnl non è quindi una novità e men che meno si candida ad essere risolutivo né nel breve né nel lungo periodo: al più può funzionare come evidenziatore di una concezione socio politica distorta e deformante, quella del disprezzo del lavoro sociale contro il suo altissimo valore funzionale. Una concezione pregiudiziale che in Italia continua a riversare i suoi effetti su circa 400mila cooperatori.

Viene allora il dubbio che quel che serve non sia un compromesso, ma piuttosto un capovolgimento sociale, capace di riqualificare e apprezzare il lavoro sociale, proprio a partire da quello svolto nelle cooperative sociali: serve una visione (e una programmazione) alternativa e rivoluzionaria, a partire da cosa potevamo imparare (e ne abbiamo persa l’occasione) nel periodo della pandemia Covid-19.

Nel 2022 è uscito in Italia il libro di David Goodhart dal titolo Testa Mano Cuore – La valorizzazione del lavoro nelle società del XXI Secolo (Treccani). Scritto nel pieno della crisi legata alla diffusione del Covid-19 (l’edizione inglese è del 2020), questo testo mette a fuoco una contraddizione radicale, evidente  proprio nel corso dell’esperienza pandemica: «questa crisi consentirà alla mano (lavoro manuale/ occupazioni di base) e al cuore (lavoro di cura) di rivendicare in vari modi una parte del prestigio e delle gratificazioni ceduti negli ultimi decenni alla testa (lavoro cognitivo)».

L’analisi è dettagliata e documentata, ed è focalizzata su un grave disequilibrio a cui l’autore ritiene si debba porre urgentemente rimedio: «la moderna economia della conoscenza ha generato un ritorno sempre maggiore per i lavoratori “della testa”– con titoli di studio elevati – e ha ridotto i salari relativi e lo status di molti lavoratori manuali (“la mano”). Allo stesso tempo, molti aspetti del lavoro di cura (“il cuore”), tradizionalmente affidati alle donne nell’economia del dono a livello familiare, continuano a essere sminuiti nonostante il settore della cura sia diventato una parte sempre più essenziale dell’economia pubblica e sia stato così ampiamente applaudito (nel senso letterale del termine) all’apice della crisi». L’autore scrive nel cuore della crisi, e ammette che «è ancora troppo presto per stabilire se la crisi da Covid-19 contribuirà a riequilibrare le attitudini basate su testa, mano e cuore. Raggiungere un equilibrio, però, è indispensabile». Nel 2024 possiamo sicuramente affermare che la crisi non ha contribuito al riequilibrio, ma piuttosto lo squilibrio è ancor aumentato e non certo a causa del Covid-19.

La suggestione però rimane, ed è rivoluzionaria: è urgente restituire status alla “mano” e al “cuore”, riducendo la distanza con la “testa”, e per farlo occorre metter mano alla struttura della società. Se questo succedesse (se una responsabile dei servizi sociali godesse dello status e del reddito di un Procuratore della Repubblica, se un educatore professionale fosse pari a un ingegnere gestionale, un oss pari a un avvocato), sono intuibili a cascata gli effetti sull’importanza percepita del lavoro sociale, così come sull’affluenza alle professioni, la diffusione della ricchezza e l’aumento generale del benessere sociale. Per innescare a una così profonda e radicale innovazione, la cooperazione sociale può fare il primo passo: può interpretare la “funzione sociale” che le affida il dettato costituzionale, rendendo misurabili i suoi effetti sulla società.

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Foto di copertina freepik

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