La proposta della Cooperativa Il Melograno al Comune di Segrate, per ricordare un giovane concittadino
Le pietre d’inciampo sono dei piccoli blocchi quadrati ricoperti di ottone poste davanti alla porta delle case nelle quali vivevano le persone poi deportate nei campi di sterminio. Ebrei, omosessuali, rom e sinti, oppositori politici, Testimoni di Geova, disabili: tutte le vittime sono ricordate nelle “stolpersteine” con nome e cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione e di morte.
Una “stolpersteine” in via Radaelli, dove abitò Carlo Golinelli
La Cooperativa sociale “Il Melograno”, editore del Giornale di Segrate, si offre di donare la pietra di inciampo al Comune di Segrate perché sia posizionata in via Radaelli, dove abitò Carlo Golinelli. Riteniamo infatti che la storia del giovane segratese, raccontata dal giornale, meriti di essere ricordata e diventi un monito per le future generazioni. «È bello e importante per noi ricordare la storia di un giovane stroncato dal nazifascismo – il commento di Dario Colombo, direttore del Melograno – per recuperare la nostra storia, la storia di una città antifascista».
Carlo Golinelli nacque nel 1927 a Quingentole, un piccolissimo paese della provincia di Mantova che ancora oggi ha solo mille abitanti. Non sappiamo quando la famiglia emigrò a Segrate, ma sappiamo invece che si stabilì a Lavanderie in via Radaelli 17. Carlo ebbe la sfortuna di avere l’età sbagliata nel posto sbagliato quando arrivò per l’Italia l’8 settembre 1943 con la caduta del fascismo. I sedicenni di allora, infatti, si trovavano schiacciati tra due possibili scelte, come ci ricorda molto bene il suo coetaneo Roberto Camerani di Cernusco sul Naviglio, deportato anch’egli a Mauthausen, nel libro “Il Viaggio”: “(…) nei giorni successivi, ognuno andò maturando le proprie idee e convinzioni e si finì per creare quei gruppi di opinione che in seguito si espressero nei due schieramenti opposti: Repubblica di Salò e Partigiani”.
Subito portato a San Vittore, venne poi condannato alla deportazione prima a Mauthausen e poi nel sottocampo di Ebensee. Carlo non riuscì a tornare e dai registri del campo di concentramento sappiamo che morì il 29 aprile 1945. Pensate: Mauthausen venne liberato dalla 3ª Armata americana il 5 maggio 1945 e Carlo non vide la libertà per soli sei giorni. Al momento di lui non sappiamo altro, se non il luogo di sepoltura. Non conosciamo il suo volto, non sappiamo se ci siano suoi parenti in vita, non ne abbiamo trovato traccia nei libri di memoria degli altri deportati italiani in quel campo durante quel periodo.
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