
Jacopo Casoni, giornalista professionista, nell’arco della sua carriera si è occupato di tanti temi, dallo sport alla politica, passando per la cronaca e il racconto della città di Milano. Dal 2008 fa parte della redazione di Telenova e dal 2016 ha collaborato anche con testate locali, prima Segrate Oggi e poi il Giornale di Segrate.
Il Borgo sostenibile di Figino ha compiuto 10 anni proprio il giorno in cui il cappello rosso dello “storto”, il grattacielo Generali, si è inclinato. Un simbolismo dal quale è facile lasciarsi trasportare. Ma sotto la metropoli in quota, tutta luci e ribalta, ci sono esperienze che aprono lo sguardo su un’idea di socialità in cui il Terzo settore è protagonista
Quella scritta mezza nascosta dagli ultimi piani di vetri specchiati; l’insegna, quella delle Generali in cima alla Torre Hadid a City Life, appoggiata sul tetto, collassata di colpo. Uno dei simboli della Milano di oggi, tutta luci e ribalta, tutta turismo e finanza, che traballa prima e si accascia poi. La forza di gravità, sfidata da quella skyline in costante aggiornamento, che ricorda a quella Milano che non può batterla.
Ci si è sbizzarriti nella ricerca del simbolismo più banale già dalle prime ore di lunedì, a foto appena scattata, d’altronde era anche facile lasciarsi trasportare. Poche ore prima che il cappello rosso dello “storto”, così è soprannominato il grattacielo delle Generali, si inclinasse da un lato, a Figino, terra di confine, periferia profonda, si era tenuta la festa per i dieci anni del Borgo Sostenibile. Un complesso di soluzioni abitative in housing sociale e a canone calmierato, più di 300 in tutto, realizzato appunto un decennio fa da Redo, con la collaborazione di Fondazione Housing Sociale per la parte tecnico-sociale e gestito da QLS.
Un’idea vincente, che si basa sul concetto di abitare condiviso; una sorta di borgo all’interno del quartiere, che con Figino dialoga non avendo barriere all’ingresso, che però porta un contributo di socialità che ricorda un po’ il vivere antico, quello dei paesini di una volta, nei quali l’incontro tra le persone, il loro cercarsi e il loro conoscersi, era un tratto distintivo che la città ha pian piano dissolto. Spazi comuni da vivere e curare insieme, soluzioni innovative per il 2015 come le case bottega, che hanno ben raccontato il loro valore ai tempi del Covid, una piazza tutta da vivere, a misura di bambino, con attività commerciali di vicinato gestite da residenti del Borgo Sostenibile. E nessuna automobile.
Una proposta che è diventata un progetto prima e poi un pezzo di Figino che di fatto ne ha raddoppiato la popolazione. E all’interno di questo contesto, al Terzo settore è riservato uno spazio importante, con varie abitazioni assegnate a diverse realtà, tra le quali la Cooperativa sociale Il Melograno. Sono quattro gli appartamenti che vengono utilizzati per portare avanti progetti di semiautonomia, con due nuclei familiari attualmente ospitati, e gestire situazioni di prosieguo amministrativo, con ragazzi e ragazze che hanno raggiunto la maggiore età e sono stati seguiti da comunità negli anni precedenti o sono arrivati in Italia da minorenni non accompagnati che sono ancora in carico ai servizi sociali per un ulteriore periodo. Anche qui due maschi in un appartamento e due ragazze in un altro. Il Melograno fornisce loro un supporto educativo più o meno intensivo, oltre a seguirli con accessi regolari e con un aiuto legato alle pratiche burocratiche e amministrative.
Qui c’è un altro modello di città rispetto a quello che ha visto collassare uno dei suoi simboli. Quella Milano bellissima in quota, con l’orizzonte che rapisce lo sguardo. Ma poi si vive a terra e a volte la terra sembra chiamare a sé, letteralmente, quella bellezza per dirle che è un po’ effimera, che le cose che contano sono laggiù
Poi c’è la Comunità mamma-bambino, che al momento conta dieci ospiti, quattro donne con i rispettivi figli. Qui si ospitano persone inviate dai servizi sociali su dispositivo dell’autorità giudiziaria e l’equipe educativa è sempre presente in struttura, nell’ordine di sei figure professionali più la coordinatrice, Angela Creta.
«Ai bambini presenti si cerca di far seguire attività costanti, oltre a quelle scolastiche – spiega – e gli ospiti, alloggiati in stanze al piano superiore, condividono gli spazi comuni e se ne prendono cura, supportati dagli educatori». Le mamme della comunità del Melograno sono anche protagonista di un’ulteriore progetto attivato da poco al Borgo Sostenibile, quello degli orti condivisi. Coltivano e raccolgono frutta e verdura nei vasconi assegnati alla cooperativa, un altro modo di declinare il concetto di “sostenibilità”, con prodotti davvero a chilometro zero: pomodori, zucchine, biete, erbe aromatiche, alberi da frutto.
Ancor più di recente, il Melograno ha anche rilevato lo spazio all’attico della torre del Borgo Sostenibile, che gestisce in collaborazione con un’altra cooperativa sociale, Arimo. Un contesto nel quale le due realtà organizzano diverse attività interne, come supervisioni periodiche o riunioni d’equipe, ma nel quale il Melograno vorrebbe allestire una sorta di punto di ristoro da utilizzare per momenti conviviali, ma anche per gli incontri protetti e osservati degli ospiti della comunità con i parenti che lì non vivono, qualora il progetto di presa in carico li preveda. «Ma abbiamo anche l’intenzione di proporre lì un percorso di letture animate – rivela Creta – coinvolgendo anche gli altri bimbi del Borgo, in un’ottica di socialità allargata che ci interessa e ci convince».
Perché il Terzo settore e il Melograno in particolare a Figino Borgo Sostenibile è parte integrante della comunità, almeno questo è lo spirito di una presenza che è apertura, condivisione. «Il potenziale di questo posto è enorme – assicura Creta – ma bisogna capire bene come fare a non creare recinti. Si deve fare rete e per questo facciamo in modo che gli ospiti dialoghino con Borgo Sostenibile, anche accedendo ai servizi qui presenti, dal parrucchiere alla farmacia, passando per il Caf che può supportarli. Piccole cose per cominciare, perché i processi di questo tipo sono lenti ma sempre in evoluzione».
E la festa di domenica scorsa ha raccontato questi progressi, con le mamme che hanno offerto limonata a chi raggiungeva lo spazio d’incontro approntato in una struttura al centro del borgo, dove le educatrici, incontrando i residenti, li guidavano in un percorso di valutazione di questo decennio e proponevano loro, con brochure ad hoc, di dedicare del tempo ai loro progetti o di aderire al circuito degli affidi. Con i bimbi pronti a giocare tra palloncini e calcio balilla, ma anche a raggiungere la piazza e gli slarghi dove venivano proposte altre attività, come giochi antichi, di legno e non solo. Il tutto attraversando i viottoli trasformati in una sorta di lavanderia, con i fili per il bucato tirati da un lampione all’altro e ai quali erano appese fotografie di questi dieci anni ma anche le parole d’ordine di questa realtà così diversa, speciale, umana e sostenibile: “spazio comune”, “abitare collaborativo”.
Un altro modello di città rispetto a quello che ha visto collassare uno dei suoi simboli più noti proprio poche ore dopo la festa di Figino. Quella Milano bellissima in quota, con quell’orizzonte che rapisce lo sguardo. Ma poi si vive a terra e a volte la terra sembra chiamare a sé, letteralmente, quella bellezza per dirle che è un po’ effimera, che le cose che contano sono laggiù.

