Coopi celebra i suoi 60 anni: le nuove sfide della cooperazione internazionale

Set 19, 2025 | Cooperazione

Attiva dal 1965, la realtà che ha sede a Cascina Boldinasco, dove sabato si festeggerà l’importante traguardo insieme alla cittadinanza, supporta le popolazioni più fragili, rimaste ai margini o provate dai tanti conflitti bellici. E proprio le guerre sono alla base di una trasformazione che interessa tutto il settore della cooperazione internazionale.

Sessant’anni di storia, di sforzi, di sfide. Sessant’anni di Coopi, da celebrare sabato 20 settembre a Cascina Boldinasco, in via De Lemene a Milano, la sede storica dell’organizzazione che si occupa di cooperazione internazionale. Un pomeriggio di eventi e dibattiti aperti alla cittadinanza, per raccontarsi e per sensibilizzare i milanesi rispetto ai tanti temi dei quali Coopi si occupa dal 1965, anno in cui Padre Vincenzo Barbieri e altri sodali volenterosi hanno creato questa realtà. Ci sarà spazio per una serie di mostre ospitate negli spazi della cascina, ma anche per laboratori dedicati ai più piccoli, un mercatino solidale, un muro sul quale condividere il proprio legame con l’organizzazione. E poi gli interventi, il dibattito, il racconto appunto, dal campo e sul campo, di una serie dei 213 progetti che Coopi porta avanti sui territori di 33 Paesi e che raggiungono oltre 7 milioni di persone. Ma dal 1965 a oggi la platea di chi è stato aiutato da Coopi è di 130 milioni di persone, grazie al lavoro di 70mila operatori locali e allo sviluppo di ben 3.200 progetti in 70 Paesi del mondo. Tornando a Milano, un pomeriggio che è ormai una consuetudine, visto che siamo giunti alla decima edizione di “Coopi Cascina Aperta”, che in realtà è il proseguimento di un percorso iniziato anni prima sotto il nome di “Coopi Insieme”, sempre a Cascina Boldinasco, luogo che l’organizzazione “abita” dal 1969. “L’idea è quella di far scoprire ai cittadini cosa accade in quella sede”, spiega Isabella Samà, responsabile della comunicazione istituzionale.

Il lavoro che Coopi porta avanti abbraccia una serie di bisogni ai quali si deve dare risposta. Proviamo a passarli in rassegna.

“Da sessant’anni aiutiamo le comunità più fragili, prima in un’ottica di supporto allo sviluppo e in questi ultimi anni cercando di gestire le tante emergenze legate all’aumento dei conflitti in corso, che cambiando la situazione globale hanno richiesto una trasformazione anche del nostro agire. Ma siamo riusciti a rispondere a queste nuove urgenze in maniera pronta e qualificata. Lo abbiamo fatto mantenendo quella prospettiva che ci contraddistingue, costruendo resilienza e programmi integrati che di fatto vanno oltre i semplici progetti”.

Proviamo a fare qualche esempio.

“Nella regione del lago Ciad, che coinvolge quattro Paesi africani, abbiamo sviluppato competenze sia rispetto all’obiettivo di garantire l’educazione in emergenza in quelle aree, sia per quanto riguarda l’accesso all’acqua relativamente alle popolazioni di sfollati che vivono in zone più remote. Ma sono tanti i contesti nei quali operiamo. Oggi, nel silenzio di troppi, il Sudan sta vivendo la più grande crisi umanitaria al mondo. Noi siamo lì dal 2004 ed oggi siamo presenti a El Fasher per aiutare ben 18 comunità che sono ospitate in altrettanti campi profughi, soprattutto fornendo l’accesso quotidiano all’acqua potabile. E dal Sudan si collegherà, durante l’evento di sabato, la capo missione, come del resto accadrà per la Siria: perché sentire le voci dai vari scenari di intervento è qualcosa di diverso, di più significativo. Quest’anno poi avremo come ospite Giulia Cerqueti, giornalista di Famiglia Cristiana che è stata a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, proprio un mese prima dell’assedio dell’M23 (un’organizzazione paramilitare protagonista del conflitto interno in corso, ndr), e dove ora bisogna contrastare la malnutrizione infantile, altro campo nel quale siamo attivi da tempo. Il suo contributo ricalca la collaborazione che Coopi fece nel 2018 con Repubblica in relazione al Niger; si tratta di un’opportunità per parlare di quelle che sono le crisi dimenticate”.

Coopi è attiva anche a Milano, con un centro di distribuzione in Piazza Selinunte.

Ci occupiamo di dare sostegno alle famiglie in difficoltà e di combattere lo spreco alimentare. Nasce tutto nel 1999, grazie al nostro fondatore che, senza risparmiarsi, seguiva anche progetti ulteriori per i quali raccoglieva fondi in prima persona. Coopi ha strutturato il progetto in maniera professionale e lo ha inserito in un’ampia rete. Ora su quel versante siamo nella “Food Policy” del Comune, organizzeremo un convegno al Food Security Global Forum e siamo coordinatori del tavolo alimentare del Municipio 8. A San Siro molti dei beneficiari del progetto sono anche volontari operatori, questo è un ulteriore dato significativo”.

Per chiudere, quali sono le sfide più importanti che la cooperazione internazionale sta affrontando in virtù di questo scenario caratterizzato dai tanti conflitti armati?

“Ad oggi quella più importante è quella legata al rispetto, mancato, del diritto umanitario: l’accesso delle organizzazioni non è sicuro in molte aree teatro di conflitti. Nel 2024 sono più di 360 gli operatori umanitari uccisi, oltre 200 nella sola Gaza. L’altra sfida è quella che riguarda i fondi, perché nel 2025, soprattutto in virtù di un cambio di rotta radicale degli Stati Uniti, c’è stata una riduzione di circa il 40% delle risorse complessive destinate all’aiuto allo sviluppo e di risposta alle crisi umanitarie. Per questo l’intero settore deve ripensarsi, sia dal punto di vista del reperimento di tali fondi sia rispetto all’organizzazione stessa”.

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