di Laura Orsenigo | Giornalista
“Niente cellulari in classe: lo stop del ministro Valditara”. Abbiamo letto tutti sui giornali nei giorni scorsi i titoli che annunciavano la stretta sull’utilizzo dei dispositivi digitali a scuola. “L’utilizzo dei cellulari – spiega il ministro – può essere fonte di distrazione durante le lezioni”.
Niente di nuovo in realtà, visto che in ogni regolamento scolastico la cosa è già regolamentata (e l’utilizzo vietato in classe), ma è da sottolineare questo continuo richiamo ad un tema a cui il ministro tiene molto, visto che una delle sue prime circolari, nel dicembre 2022, aveva sempre lo stesso oggetto: la battaglia contro i cellulari in classe. Una battaglia, attenzione, che non è solo figlia di episodi di cronaca con video di professori derisi ripresi a loro insaputa in classe, ma arriva da più lontano, da una convinzione sulla tecnologia ben poco positiva.
Da dove si evince? Da una relazione pubblicata in allegato alla circolare. Un documento poco citato dalla stampa ma, a suo modo, illuminante. Senza mezzi termini si equipara la dipendenza da smartphone e videogiochi a quella dalla cocaina. E, in merito all’utilizzo della tecnologia a scuola scrive: “Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri” .
Ohibò, davvero? Colpisce che il ministero pubblichi uno studio di questo tipo quando, contemporaneamente, proprio in questi mesi, le scuole stanno subendo la più grande trasformazione digitale mai avvenuta prima d’ora.
Già, perché lo stesso Ministero dell’Istruzione ha adottato dal 2022 il Piano Scuola 4.0 finanziato con i fondi del PNRR. Un mega-progetto da 2,1 miliardi di euro che coinvolge tutte le scuole statali e “mira a trasformare gli ambienti dove si svolge la didattica curricolare (almeno 100.000 classi) con dotazioni digitali avanzate e a dotare le scuole del secondo ciclo di istruzione di laboratori avanzati per l’apprendimento delle professioni digitali del futuro”.
Gli effetti già si iniziano a vedere, con una esplosione di dotazioni tecnologiche nelle classi: pc, lavagne multimediali, tablet, droni, visori, kit per la robotica. E allora come la mettiamo? Vogliamo la scuola digitale e pensiamo sia un modo per “innovare i processi di insegnamento e apprendimento” o pensiamo che le tecnologie non siano efficaci e anzi, possano “portare a un calo delle competenze”? E’ amore o odio? Sarebbe bello se il ministro sciogliesse questo dubbio.