Siamo astemi, non solo sobri: viva il 25 aprile

Apr 24, 2025 | Cooperazione

«La cooperazione è un piccolo frutto di una grande idea, sbocciata dal cervello di uomini semplici, sotto la pressione del bisogno.» — Sandro Pertini, “La cooperazione”, 1924

Scriviamo con sobrietà estrema, con il dovuto rispetto istituzionale, lasciando la parola a un cooperatore sociale ante litteram, a quel Sandro Pertini perseguitato dai fascisti, poi partigiano, poi padre costituente, poi primo presidente socialista della camera dei deputati, infine più alta carica dello Stato. Sobri, lasciando che la voce risuoni deliberatamente astemia: l’antifascismo, in fondo, proprio come la nota acqua minerale, vive di una sua operosa e coerente effervescenza naturale. Questo 25 aprile, ottant’anni dopo la Liberazione, accogliamo l’eredità civile dei costituenti con la stessa frugalità di linguaggio che guidò le loro scelte, e con identico impegno a trasformare i bisogni in capacità condivise.

Milano vicino all’Europa

Milano, la città vicino all’Europa di cui cantava Lucio Dalla, accoglie investitori e fattorini in bicicletta (ma rider fa più bello), architetti di grido e pendolari all’alba, nuove imprese che promettono il cielo e ragazzi in cerca di un affitto possibile; intreccia merci e contratti, lingue e dialetti, pretende velocità e restituisce vite che restano in coda. A Porta Nuova il metro quadro supera i ventuno euro – Osservatorio Casa, aprile 2025 – mentre in periferia (ma Municipio fa più bello) quattordicimila famiglie attendono un alloggio popolare; al Niguarda una risonanza magnetica ortopedica richiede sessanta giorni, segnala l’Agenzia di tutela della salute, e nello stesso corridoio arrivano ogni settimana ottanta richieste di «esenzione per difficoltà economiche». Tutto scorre, anche la disuguaglianza.

Intanto diritti chiedono attenzione e spazio, per un abitare dignitoso, per una cura di prossimità che non discrimini il reddito, per una scuola pubblica solida e strutturata.

Viviamo e operiamo in questo contesto e siamo convinti che il 25 aprile possa aiutarci a dire che si vive meglio quando la velocità non travolge gli ultimi ma li innesta nel flusso. Per noi la Liberazione, e lo stare vicino all’Europa, o almeno a una certa idea di Europa, inizia sul marciapiede di via Padova, quando il diritto cambia statuto da statistica scalza a pratica verificabile.

Traiettoria cooperativa: risposta collettiva all’individualismo

La lezione più severa della Resistenza non vive nelle uniformi logore o nei proclami d’epoca: vive nella scelta di saldare libertà individuale e progetto collettivo, di trasformare la lotta armata in statuto repubblicano, di sostituire l’Europa dei cannoni con l’Europa dei trattati che ripudiano la guerra. Quell’eredità respira anche, e oggi è giusto ricordarlo, dentro l’idea cooperativa.

La cooperativa vive di governo democratico — una testa, un voto — in cui il capitale sostiene senza dettare; l’avanzo si trasforma in riserva indivisibile che alimenta nuovi progetti; la partecipazione disegna un baricentro condiviso e la distribuzione mutualistica ricuce le distanze che l’economia competitiva lascia scoperte. L’utile non parte in cerca di rendita: rientra nel circuito comune, allunga la vita dell’impresa, protegge i soci futuri.

La cooperazione sociale percorre quella traiettoria con passo ancora più deciso: produce beni e servizi mentre reimmette il differenziale economico nel territorio, nel quartiere, nella vita di chi è rimasto fuori dalla partita. Non beneficenza, ma ingegneria di giustizia: utili che si reincarnano in lavoro stabile, spazi abitativi rigenerati, presìdi di salute diffusa, percorsi educativi che si intrecciano con la scuola. È lo stesso principio che spinse i costituenti a scrivere nell’articolo 45 che la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione.

Così il modello cooperativo, effervescenza naturale in un’economia frizzante di slogan ma povera di sostanza, ricorda che la libertà personale esiste soltanto se appoggiata a tavole comuni: tavoli di legno ruvido dove il pane si divide e i conti si mostrano, con sobrietà e con la fiducia calma di chi sa che l’utopia non è fuoco d’artificio, bensì lievito madre che lavora lento, silenzioso, tenace.

L’arretramento dei diritti

La Resistenza non si concluse sui carri armati festanti: prese forma negli articoli 3 e 38 della Costituzione, che promettono eguaglianza sostanziale e tutela sociale a «ogni cittadino». Per decenni la Repubblica ha provato a onorare quell’impegno: scuola media unificata (1962), Statuto dei lavoratori (1970), Servizio sanitario nazionale (1978), legge 104 (1992). Un arco che allargava il perimetro della dignità.

All’inizio del nuovo secolo la curva ha cambiato pendenza e oggi, anche chi si professa vicino a quel magistero tende a confondere i diritti sociali con i pur sacrosanti diritti civili, di frequente accompagnati da soluzioni pseudo-ecologiste non disponibili per tutti i portafogli. La salute pubblica si ferma al 6,3 % del PIL (Rapporto GIMBE 2024) e cinque milioni di persone rinunciano alle cure. Il lavoro stabile arretra: i rapporti a termine sono cresciuti di oltre venti punti in dieci anni (Archivio Inps). La povertà assoluta sfiora il dieci per cento della popolazione (ISTAT 2024), mentre a Milano gli affitti superano i ventuno euro al metro quadro (Osservatorio Casa, aprile 2025).

Non servono invettive: basta leggere i numeri. Il patto sociale scritto con il sangue dei partigiani e firmato dai costituenti perde terreno centimetro dopo centimetro. Ricordarlo il 25 aprile non è nostalgia: è bussola. Nessuno resti indietro, per evitare che la libertà ritorni ad essere un privilegio per pochi eletti.

Controvento

Legacoop, in occasione degli Stati generali della cooperazione sociale, ha lanciato la campagna #Controvento: un invito a leggere il tempo presente senza inchinarsi alla corrente dominante. Il Melograno aderisce perché in quella parola riconosce il proprio andamento: spingere i diritti dove l’aria contraria li trattiene.

Più che seguire sentieri segnati, la cooperazione sociale disegna traiettorie: governo d’impresa democratico, avanzo che ritorna alla collettività, valore che ricircola sul territorio. Ogni euro prodotto resta in circuito pubblico, alimenta lavoro stabile, restituisce abitazioni dignitose, attiva presìdi di salute vicini alla porta di casa, sostiene percorsi educativi continui.

In cooperativa si prova ancora a praticare l’utopia, con passo tardo e lento, ma anche fermo e convinto assai. Lavoriamo per continuare a rendere esigibili i diritti, per emancipare, per promuovere autodeterminazione e consapevolezza: senza fanfare, semplicemente agendo quotidianamente con pervicace coerenza (almeno ci si prova). 

Il 25 aprile oggi, domani, sempre

Il calendario segna 25 aprile, ma la Liberazione non aspetta ricorrenze: si presenta ogni mattina, chiedendo di buon’ora cosa si è fatto perché nessuno resti indietro. Il biglietto da visita è lo stesso da ottant’anni: democrazia sostanziale, diritti che valgono per chi ha voce e per chi ancora la cerca.

Serve memoria e bisogna sempre ricordare – con sorriso complice – che i costituenti ci hanno lasciato in deposito un bene delicato, da maneggiare con cura e da far risplendere tutti i giorni. Milano – città medaglia d’oro e marciapiede di continui arrivi – lo dimostra: appena ci si distrae, spuntano muri di censo; appena si torna a mescolare la pasta madre dei diritti, quei muri si screpolano.

Il Melograno firma la ricevuta di consegna con gesti ordinari: un avanzo che rientra nel circuito comune, un contratto di lavoro per chi non lo aveva, una porta aperta senza chiedere referenze. Non sappiamo se sia poco o molto; diciamo che è il nostro modo di dimostrare ciò che siamo, testimoniando quotidianamente il lascito di chi scelse, tanti anni fa, di resistere al regime.

Dunque, prendiamoci molto sul serio senza mai essere troppo seriosi e parliamo di liberazione oggi e domani, dopodomani, sempre. Silenti e costanti andiamo controvento, per il bene comune, per rendere esigibili i diritti, per guardare negli occhi il futuro.

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