
Eleonora Parzini, dopo la laurea in Filosofia, mi sono scoperta educatrice per professione e per vocazione. Sono in Cooperativa dal 2007 e lavoro da molti anni seguendo i progetti di vita di persone con disabilità: un tempo seguivo bambini e ragazzi a scuola, oggi li seguo nell’età adulta, coordinando il Centro Diurno Disabili di Pieve Emanuele
Il 26-27 marzo abbiamo partecipato a Roma all’assemblea del Gruppo nazionale Disabilità di Legacoopsociali: una due giorni importante
Una due giorni ricca di spunti ed elementi di riflessione quella di Roma, dove Legacoopsociali ha organizzato un’assemblea del Gruppo nazionale Disabilità, cui ho partecipato come rappresentante della nostra Cooperativa portando l’esperienza del Centro diurno disabili “L’Airone” che gestiamo a Pieve Emanuele, nel Milanese.
Una due giorni importante.
Emerge con forza il ruolo chiave dell’educatore anche se, come ha sottolineato Luca Pazzaglia de “Il Labirinto”, è doveroso dichiarare che siamo in un momento di crisi sulla figura dell’educatore: tra qualche anno rischiamo di non avere il personale educativo per garantire i servizi e la loro qualità. Ed emerge con altrettanta urgenza la necessità di promuovere universalismo, sostenibilità ed efficacia dei servizi.
La cooperazione sociale legge, anticipa e garantisce servizi che nascono dal continuo cambiamento dei bisogni e della società e deve essere visto e considerato come un partner partitario e professionalmente avanzato del servizio pubblico
Occorre integrare le risposte dei centri diurni con il territorio, con gli enti pubblici adattando i servizi e le possibilità di scelta alle diverse fasi della vita delle persone e delle famiglie. Il territorio deve garantire, con un sistema di risposte, il diritto di scelta. Oggi ci sono opzioni diverse (quello che ancora stupisce è come ogni Regione viaggi ancora per conto suo, ci sono diverse tipologie di rette, di normative e addirittura di nomi dei servizi) ed è fondamentale che il Progetto di vita si attui in un percorso di filiera.
Sì, progetto di vita, dal latino pro-jectus ovvero “gettare avanti”. Il focus principale dei nostri interventi deve ruotare oggi su tre punti fondamentali:
- autodeterminazione della persona con disabilità sostenendo il percorso evolutivo
- centralità del Progetto di vita
- promozione dell’inclusione
Questi progetti devono essere individuali, definendo percorsi non standardizzati per il raggiungimento degli obiettivi; personalizzati, declinando gli obiettivi di vita secondo le proprie attitudini, i propri desideri e talenti; partecipati, con il protagonismo della persona, supportata nell’espressione dei propri bisogni, desideri ed aspettative.
Per la prima volta finalmente parliamo delle persone con disabilità come soggetti che hanno preferenze, desideri, passioni.
Oggi viene chiesto all’educatore di avere una formazione che contenga tutto ma è necessario sottolineare che il suo sapere è relazionale, si forma e si costruisce di continuo nella relazione con la persona che ha di fronte. La formazione universitaria è ancora troppo distaccata dalla realtà, manca la conoscenza dei reali servizi sulla disabilità. La formazione dell’educatore è continua, è un lavoro quotidiano, per poter per garantire la qualità dei servizi gestiti dalla cooperazione sociale e dare risposte alle fasi della vita non solo della persona disabile ma anche dell’educatore.
L’assemblea ha poi visto l’intervento della Ministra della disabilità Alessandra Locatelli, e ancora una volta al centro è stata la figura dell’educatore, sulla necessità di rivedere il processo di formazione degli operatori lavorando con le università e il Ministero, garantendo e riconoscendo il valore di una formazione permanente. Oggi le università non conoscono il sistema di welfare del territorio e della disabilità. E così, avendo una teoria “astratta” della disabilità, una volta inserito nel mondo del lavoro sociale l’operatore scappa, non regge la sfida.
Qual è quindi la sfida del Terzo settore?
Proporre una formazione continua e permanente per dare competenze che rispondano ai bisogni nuovi e reali che si presentano nel qui e ora. E, come è stato fatto notare alla ministra Locatelli, è fondamentale che i servizi sociali e sanitari camminino insieme, non possono viaggiare su binari differenti. Oggi, il sanitario non valuta mai l’innovazione dei servizi, l’educazione in relazione con il territorio ma solo ciò che c’è nelle check-list.
La ministra ha sottolineato come solo l’Italia in Europa abbia una legge per l’inclusione scolastica e per l’inclusione lavorativa, ma certo non basta. Ci sono ancora resistenze anche culturali di un sistema che fa fatica a promuovere e ad accettare il cambiamento, un cambiamento complesso perché oggi è necessario sapersi muovere nella vita delle persone a 360°.
La cooperazione sociale legge, anticipa e garantisce servizi che nascono dal continuo cambiamento dei bisogni e della società.
Ma abbiamo bisogno di confrontarci con tutto il Governo, i Ministeri e le Regioni. Il Terzo settore deve essere visto e considerato come un partner partitario e professionalmente avanzato del servizio pubblico.