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Giornata mondiale del Rifugiato

Giu 20, 2025 | Migranti


 I numeri in Italia, le norme, i casi dei cittadini palestinesi e delle donne afghane

La Giornata Mondiale del Rifugiato è stata istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 55/76, approvata il 4 dicembre 2000 in occasione del 50° anniversario della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati.

Il perdurare e inasprirsi dei conflitti, la crisi climatica, le complesse e pericolose interrelazioni tra questi e i loro effetti secondari, come l’insicurezza alimentare, costringono oggi oltre 120 milioni di persone a lasciare le proprie case per cercare sicurezza e protezione.

In Italia, alla fine del 2024, risultavano circa 150.000 titolari di protezione internazionale, 207.000 richiedenti asilo e oltre 163.000 cittadini ucraini beneficiari di protezione temporanea. Inoltre, si stimano circa 3.000 persone apolidi presenti sul territorio.

Rifugiati nel mondo

A livello globale, oltre il 73% dei rifugiati proviene da soli cinque Paesi: Afghanistan, Siria, Venezuela, Ucraina, Sudan.

In Italia, le principali nazionalità di provenienza dei rifugiati includono: Bangladesh, Siria, Tunisia, Egitto, Guinea, Pakistan, Sudan, Eritrea, Mali, Gambia. Queste persone arrivano principalmente via mare, con la Libia come punto di partenza principale.

Secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, un rifugiato è colui che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”.  

Rifugiati in Italia

In Italia, chi presenta una richiesta di asilo ha diritto a essere ascoltato e a vedere valutata la propria situazione. Se la richiesta viene accolta, si ottiene uno dei seguenti status: 

  • Status di rifugiato: protezione internazionale con durata di cinque anni
  • Protezione sussidiaria: offerta a chi rischia danni gravi nel Paese d’origine, ma non rientra nei criteri per lo status di rifugiato
  • Protezione speciale: per chi non rientra nei precedenti criteri, ma la sua espulsione potrebbe comportare situazioni di vulnerabilità

Tutti i beneficiari hanno diritto a permesso di soggiorno, accesso al lavoro, all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Possono anche richiedere il ricongiungimento familiare e ottenere un documento di viaggio per spostamenti temporanei.  

L’anomalia palestinese

Verrebbe da chiedersi, se ci sono in Italia circa 160mila ucraini, quanti siano i palestinesi. Per loro il discorso è diverso. Formalmente il popolo palestinese è assistito dall’ONU, in particolare da URNWA (Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi per i territori di Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria, Giordania), quindi, godono in partenza di una ‘protezione’. Di questi tempi sembra una battuta di cattivo gusto, invece è proprio così. Ciò non significa che i palestinesi non possano chiedere asilo, ma la valutazione è spesso più complessa e soggetta a limitazioni.

In alcuni casi, se un palestinese ha già uno status di protezione internazionale da parte dell’UNRWA, le autorità italiane o europee considerano che abbia già una forma di protezione, limitando quindi il diritto di chiedere asilo secondo la Convenzione di Ginevra.

In sintesi, i palestinesi possono chiedere asilo in Italia come chiunque altro, ma la complessità della loro situazione giuridica internazionale, il ruolo specifico dell’UNRWA, e i criteri restrittivi per la concessione dello status di rifugiato spesso rendono più difficile che vengano riconosciuti come rifugiati secondo la legge italiana ed europea.

Se un palestinese lascia quei territori e arriva in Europa (compresa Italia), spesso viene considerato “rifugiato” da UNHCR solo se può dimostrare di non poter più contare sulla protezione di UNRWA (per esempio se vive in un Paese terzo e non può tornare in quelle zone o se lì la sua vita è in grave pericolo). Spesso i palestinesi che richiedono asilo in Italia ricevono un diniego perché le autorità ritengono che possano ricevere protezione dall’UNRWA.

In tribunale, però, alcuni richiedenti riescono a fare ricorso dimostrando che, a causa di conflitti recenti (come la guerra in Siria o in Libano) o persecuzioni particolari, non possono più contare su questa protezione. In questi casi, il giudice può riconoscere la protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria).

Le donne afghane

E gli afghani?  Le donne sì, gli uomini no. Le donne afgane hanno diritto di asilo in Italia e in tutta l’Unione Europea, grazie a una sentenza fondamentale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 4 ottobre 2024.  

La Corte ha stabilito che le autorità nazionali possono considerare sufficiente la nazionalità e il sesso di una donna afgana per concederle lo status di rifugiata, senza necessità di ulteriori prove individuali. Questo perché le misure discriminatorie adottate dal regime talebano in Afghanistan costituiscono atti di persecuzione.

In Italia, questa sentenza vincola le autorità competenti. Le donne afgane che presentano domanda di asilo devono essere valutate prioritariamente come appartenenti a un “particolare gruppo sociale”, in quanto donne afghane, senza necessità di ulteriori prove specifiche di persecuzione. Questo approccio semplifica e accelera il processo di riconoscimento dello status di rifugiato per le donne afgane.

Oltre allo status di rifugiato, le donne afgane possono avere diritto alla protezione sussidiaria o alla protezione speciale, a seconda delle circostanze individuali. Tuttavia, la sentenza della Corte di Giustizia UE stabilisce che, nel caso delle donne afgane, la protezione internazionale dovrebbe essere concessa automaticamente, senza necessità di ulteriori prove specifiche.

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