L’appello sottoscritto da oltre duecento tra docenti universitari, urbanisti, giuristi e intellettuali (riportiamo il testo integrale in fondo a questa pagina) rappresenta un atto politico che rompe l’isolamento delle critiche avanzate negli ultimi anni. Non siamo più davanti a voci marginali o a obiezioni episodiche, ma a un fronte compatto che chiede di fermare i grandi cantieri milanesi e aprire un dibattito pubblico sul futuro urbano.
Il valore del documento sta nel suo carattere corale: mette insieme saperi accademici, competenze tecniche e figure pubbliche, indicando che la posta in gioco non riguarda un singolo quartiere o una singola opera, ma il modo stesso in cui una città decide la propria traiettoria. In questo senso, l’appello segna una frattura simbolica: ciò che veniva raccontato come inevitabile, ora è denunciato come frutto di scelte politiche e di interessi concentrati.
La società civile, con questa presa di parola, sta cercando di infrangere il muro di gomma di una politica che finora si è mostrata sorda e, tutto sommato, allineata nel promuovere idee di sviluppo liberali, al netto di spolverate di sociale, di segni grafici pseudo-inclusivi e di qualche retorica di facciata.
Oltre i singoli progetti
L’elenco dei progetti contestati – lo stadio di San Siro, gli ex scali ferroviari, la Goccia della Bovisa, piazzale Loreto, la BEIC, il programma FILI su Cadorna – non è una sequenza casuale. Rappresenta il paradigma di una trasformazione governata senza un disegno complessivo, in cui ogni intervento diventa un’eccezione giustificata da urgenze contingenti o da “occasioni irripetibili”.
Negli articoli precedenti avevamo mostrato come la città sia stata ridotta a un mosaico di operazioni immobiliari, ciascuna presentata come progetto di innovazione, ma priva di relazione con una visione pubblica. La logica è sempre la stessa: cedere aree strategiche a grandi operatori privati, promettere in cambio servizi o spazi verdi, e infine ridimensionare tali promesse per non compromettere la redditività degli investimenti.
Così accade per gli scali ferroviari, dove la promessa di parchi lineari e di alloggi accessibili lascia progressivamente spazio a residenze di mercato e uffici di pregio; per piazzale Loreto, dove l’operazione di “ricucitura urbana” rischia di tradursi in un grande centro commerciale travestito da piazza pubblica; per San Siro, dove il valore simbolico e popolare dello stadio viene sacrificato a un modello di intrattenimento privatizzato. Non sono deviazioni isolate, ma un metodo consolidato.
Consumo di suolo e privatizzazione strisciante
Uno degli aspetti più gravi messi in luce dall’appello riguarda il consumo di suolo. I dati ISPRA confermano che ogni anno l’area metropolitana di Milano continua a perdere ettari di suolo agricolo e naturale, nonostante le dichiarazioni di principio sulla “rigenerazione”. Si continua a costruire come se il suolo fosse risorsa illimitata, ignorando le implicazioni ambientali e climatiche.
Accanto a questo processo si assiste a una progressiva privatizzazione dei beni comuni urbani. Case popolari dismesse o vendute, piscine e centri sportivi affidati a società private, cortili e giardini trasformati in occasioni di rendita. Non è una privatizzazione esplicita, ma un arretramento del ruolo pubblico. In questo modo, servizi e strutture che avrebbero dovuto garantire inclusione e accessibilità diventano spazi selettivi, spesso a pagamento.
La retorica della rigenerazione urbana diventa così una maschera: dietro la promessa di modernità e di “riqualificazione” si nasconde la sottrazione di pezzi di città al loro uso collettivo.
Dal diritto all’abitare all’utenza temporanea
Il tema dell’abitare è forse il più emblematico. Negli ultimi decenni il termine “edilizia residenziale pubblica” è stato sostituito da “edilizia sociale”. Non si tratta di un semplice aggiornamento linguistico: è un cambiamento politico. Le case popolari erano concepite come parte integrante di un diritto sociale: garantivano continuità, radicamento, possibilità di costruire un progetto di vita. La casa era punto di partenza, non concessione temporanea.
L’“edilizia sociale”, al contrario, si configura come segmento del mercato calmierato: alloggi temporanei, con canoni inferiori al mercato ma comunque alti per molti redditi, e con tempi limitati di permanenza. La logica è di rotazione: non un diritto da esercitare, ma un beneficio da gestire e da revocare. Qui si consuma lo scarto decisivo: da cittadini a utenti. La casa non è più un diritto di cittadinanza, ma un servizio a cui si accede in base a bandi e graduatorie, con la prospettiva di doverne uscire. È lo stesso scarto che vediamo negli studentati: da residenze pubbliche accessibili a tutti, a strutture “sociali” gestite da privati, con canoni che restano fuori portata per gran parte degli studenti.
I Piani di Governo del Territorio
Il PGT dovrebbe essere lo strumento che definisce la traiettoria della città, con scelte di lungo periodo fondate su equità e sostenibilità. A Milano, però, è diventato sempre più un contenitore svuotato, adattato alle esigenze degli investitori e continuamente derogato.
Le grandi trasformazioni non sono state guidate dal PGT, ma lo hanno scavalcato. Gli scali ferroviari, ad esempio, sono stati trattati con accordi speciali che hanno di fatto aggirato le regole ordinarie. Piazzale Loreto e la Goccia della Bovisa sono state inserite in programmi paralleli che rispondono più a logiche di opportunità che a una visione collettiva.
L’appello chiede che il nuovo PGT venga costruito su basi diverse: con priorità chiare (edilizia pubblica, accesso ai servizi, riduzione delle disuguaglianze), obiettivi di redistribuzione, vincoli ambientali. In altre parole, un piano che torni a essere strumento politico, non mero atto tecnico da adattare alle esigenze del mercato.
Il piano nazionale e il rischio della deregolamentazione
Il nodo milanese non è isolato. Le spinte legislative nazionali vanno nella stessa direzione: semplificazioni del Testo Unico dell’Edilizia, leggi sulla rigenerazione urbana che riducono vincoli e controlli, norme ad hoc per favorire operazioni di grande scala.
Dietro la parola “rigenerazione” si nasconde spesso un processo di deregolamentazione. L’obiettivo non è affrontare la crisi climatica o ridurre le disuguaglianze, ma accelerare i processi di valorizzazione immobiliare. È l’istituzionalizzazione del paradigma milanese: la rendita come motore principale, con lo Stato e i Comuni ridotti a facilitatori.
L’appello chiede l’opposto: una riforma capace di bloccare il consumo di suolo, di cancellare le previsioni di piano non attuate da oltre cinque anni, di restituire agli enti pubblici la capacità di governare. Non meno regole, ma regole più forti e più giuste.
Giustizia spaziale e giustizia sociale
L’organizzazione dello spazio urbano determina accessi, opportunità, diritti. Ogni torre che si innalza senza standard adeguati, ogni deroga che sottrae servizi, ogni prato agricolo che diventa cemento ridefinisce i rapporti di potere nella città.
Per questo l’appello lega giustizia spaziale e giustizia sociale. Sono due facce della stessa sfida: senza spazi accessibili e governati dall’interesse pubblico, i diritti diventano formule vuote. Lo spazio non è neutrale, e le disuguaglianze sociali si inscrivono nei margini fisici della città: nei quartieri periferici senza servizi, nei centri storici gentrificati, negli studentati inaccessibili.
Fermarsi per ripensare
“Milano non si ferma” è lo slogan che da anni accompagna questa stagione urbanistica. Ma l’assenza di sosta diventa anche incapacità di riflessione. Fermarsi non significa arrestare lo sviluppo, ma ripensarne i presupposti: sospendere i cantieri, aprire un confronto, restituire centralità alla pianificazione. La vera radicalità oggi è la pausa, intesa come atto politico. Non immobilismo, ma scelta di interrompere una corsa che rischia di condurre verso una città disegnata solo dagli interessi privati.
L’appello dei 200 mostra che la domanda di un altro modello è già presente, forte di competenze e di visioni. Se riuscirà a tradursi in pratica politica, Milano potrà tornare a essere un laboratorio: non della rendita e dell’opacità, ma di un’urbanistica capace di coniugare ambiente, equità e democrazia. Una sfida che non riguarda soltanto questa città, ma l’intero Paese.
Un altro modello: il progetto PrendiPosto
Di fronte a un’urbanistica che ha ridotto la casa a bene di mercato o a concessione temporanea, il progetto PrendiPosto muove da una premessa opposta: l’abitare come diritto e come punto di partenza per costruire stabilità, emancipazione, percorsi di vita.
L’operazione non consiste nel rincorrere la rendita con alloggi “sociali” a prezzi di mercato calmierato, ma nel riattivare un patrimonio pubblico sottoutilizzato, restituendolo a chi oggi è espulso dal mercato immobiliare. Le 120 case pubbliche di Milano, ristrutturate e affittate a canoni sostenibili, non sono una misura assistenziale, ma un investimento collettivo: permettono a lavoratori, famiglie e studenti di restare in città, di intrecciare relazioni, di contribuire alla vita urbana.
La differenza sta nel modello: non frammenti di rigenerazione opaca, ma un progetto integrato che coniuga accessibilità economica, inclusione sociale e rigenerazione urbana. Non un’urbanistica per eccezioni e deroghe, ma un percorso che assume la dimensione pubblica come leva principale.
È questo scarto che rende il progetto Casa ai Lavoratori una risposta concreta all’appello dei 200: un laboratorio di giustizia spaziale e sociale che dimostra come sia possibile invertire le priorità, restituendo alla pianificazione il suo compito politico.
Il testo integrale dell’appello
Appello per una radicale svolta urbanistica a Milano e in Italia
I fatti gravissimi emersi dalle indagini della Procura di Milano sullo sviluppo urbano degli ultimi anni sono preoccupanti sia per le fattispecie emerse sia per le reazioni della politica e delle istituzioni milanesi e nazionali.
Quali che siano le responsabilità civili e penali dei molti indagati, che saranno accertate nel corso dei processi, e fatti salvi eventuali altri fatti che potranno emergere, è sempre più evidente che la trasformazione della città è stata governata in modo opaco, al di fuori delle regole democratiche e forzando le leggi urbanistiche.
A questo esito si è arrivati sia attraverso il depotenziamento delle norme a garanzia dell’interesse pubblico – che avrebbero potuto ostacolare la rapida realizzazione degli interventi e il massimo profitto degli investitori – sia attraverso l’aggiramento delle Leggi stesse e la creazione di norme ad hoc.
Nonostante le evidenze scaturite dalle inchieste, il Sindaco di Milano, la Giunta e una grande parte della classe dirigente locale e nazionale hanno espresso la sostanziale volontà di assicurare il proseguimento delle operazioni immobiliari e urbanistiche nate in questo contesto, sottoposte a procedure di approvazione nella migliore delle ipotesi poco ortodosse, in alcuni forse addirittura illegali. Ancora una volta si ribadisce che “Milano non si ferma”, e che il modello di sviluppo che rappresenta è immodificabile ed è giusto estenderlo all’intero territorio italiano.
Una continuità che non solo compromette il rispetto della legalità, il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche e la redistribuzione della ricchezza, ma danneggia l’ambiente, la qualità urbana e la vita degli abitanti.
A Milano si è considerato normale trasformare la città per frammenti, senza un quadro strategico di visione e gestione pubblica: si è costruito all’interno degli isolati e nei cortili edifici di dimensioni incongrue, spesso al posto di laboratori, parcheggi, piccole residenze, giardini o aree che la natura aveva riconquistato. Si è rinunciato a una larga parte degli oneri di urbanizzazione e dei servizi dovuti (gli standard), che tali interventi avrebbero richiesto, e contemporaneamente è stata attuata una privatizzazione strisciante dei servizi e delle strutture pubbliche, come case, piscine e centri sportivi. Anche le grandi aree di trasformazione – come gli scali ferroviari e le aree industriali di Bovisa e Rogoredo – stanno prendendo forma al di fuori della visione d’insieme della città che spetterebbe al Piano. Nel frattempo, il consumo di suolo verde e agricolo continua, come dimostrano ogni anno i dati ISPRA.
Molti studi e ricerche, con analisi rigorose e documentate, dimostrano come la sostituzione dell’urbanistica con queste forme improprie di rigenerazione urbana – praticate a Milano e imitate in molte altre città italiane – abbia prodotto un’economia sproporzionatamente favorevole alla rendita e alla concentrazione della ricchezza. Questo processo ha aggravato le disuguaglianze sociali e i divari territoriali, ha indebolito la capacità di intervenire sui gravi e urgenti problemi della città, compromettendo sensibilmente la qualità della vita, a partire dal diritto all’abitare e dalla salute dei cittadini.
Alla luce di tali considerazioni proponiamo che questa sia l’occasione per un serio riesame delle scelte politiche e tecniche che guidano l’urbanistica milanese e, sempre più frequentemente, l’urbanistica del paese.
Per tali ragioni chiediamo all’amministrazione milanese e alle istituzioni politiche e di governo di fermare i grandi e medi progetti in corso per imprimere una direzione diversa, trasparente e democratica, alla trasformazione di quelle aree e della città in generale: da quelli dichiarati prioritari come la vendita dello stadio Meazza a San Siro, allo sviluppo per parti incoerenti degli ex scali ferroviari, a quelli avviati e controversi come la BEIC-Biblioteca Europea, la Goccia della Bovisa, il nuovo centro commerciale in piazzale Loreto e l’edificazione di grandi volumi sui binari della stazione Cadorna (FILI). È urgente e necessario aprire una discussione effettiva e democratica che tenga conto delle critiche politiche e civili, dei bisogni abitativi, sociali e ambientali espressi dalla popolazione milanese in questi anni, sin qui del tutto elusi, per decidere quali di questi progetti debbano andare avanti e in che modo.
Nello specifico, chiediamo che il Piano Casa sia radicalmente rivisto favorendo l’Edilizia Residenziale Pubblica piuttosto che quella Sociale (che a Milano si configura come una fascia dell’edilizia di mercato), la realizzazione di studentati pubblici e davvero accessibili, e che il Piano di Governo del Territorio in corso di elaborazione sia elaborato secondo priorità, obiettivi e principi di equità e redistribuzione materiale delle risorse.
Chiediamo, soprattutto, che le pressioni per deregolamentare la normativa urbanistica nazionale e il Testo unico dell’Edilizia attraverso la legge sulla Rigenerazione urbana e il nuovo Testo Unico siano respinte: crediamo, infatti, che esista attualmente una grande necessità di adeguare le regole al nuovo contesto globale, ma nel senso opposto a quello auspicato e formalizzato nelle bozze di legge elaborate in questi anni. Bisogna proporre nuove forme di pianificazione in grado di far fronte agli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, di tutelare l’interesse degli abitanti e la qualità ambientale e sociale dei luoghi dall’eccessiva rapacità degli investitori. Occorre ripristinare l’effettiva capacità degli enti pubblici di governare i processi di trasformazione dei territori e di vincolare le istituzioni pubbliche alla trasparenza e al mandato degli elettori.
È fondamentale una riforma organica della legge nazionale per bloccare il consumo di suolo e per rimuovere dai piani le previsioni non attuate o senza inizio delle procedure da cinque anni.
Serve una nuova urbanistica tesa alla giustizia spaziale e al riequilibrio territoriale, una nuova cultura civile e una vera sensibilità ambientale, per Milano, per le città e i territori del Paese.
Ilaria Agostini – Università di Bologna
Alfredo Alietti – Università di Ferrara
Luca Alteri – Università di Roma, Sapienza
Mariella Annese – Politecnico di Bari
Pierpaolo Ascari – Università di Bologna
Arianna Azzellino – Politecnico di Milano
Daniele Balicco – Università Roma Tre
Angela Barbanente – Politecnico di Bari
Filippo Barbera – Università di Torino
Alessandro Barile – Università di Roma
Matteo Basso – Università Iuav di Venezia
Emanuela Beacco – avvocato
Luca Beltrami Gadola – direttore Arcipelago Milano
Auretta Benedetti – Università Bicocca
Tomà Berlanda – Università di Torino
Alessandro Bertante – NABA Milano
Paolo Berdini – Università Tor Vergata di Roma
Alberto Bertagna – Università di Genova
Piero Bevilacqua – Università La Sapienza di Roma
Roberto Biscardini – Politecnico di Milano
Stefano Bocchi – Università degli studi di Milano
Paola Bonora – Università di Bologna
Paolo Borioni – Università La Sapienza di Roma
Gianni Bottalico – già presidente ACLI
Sergio Brenna – Politecnico di Milano
Paola Giuseppina Briata – Politecnico di Milano
Grazia Brunetta – Politecnico di Torino
Emma Buondonno – Università Federico II di Napoli
Roberto Budini Gattai – Università di Firenze
Alberto Budoni – Università la Sapienza di Roma
Ilaria Bussoni – Università di Padova
Francesca Cangelli – Università di Foggia
Michel Carlana – Università IUAV di Venezia
Davide Caselli – Università di Bergamo
Mimmo Cangiano – Università di Venezia
Renato Capozzi – Università Federico II di Napoli
Giovanni Carrosio – Università di Trieste
Gianfranco Cartei – Università di Firenze
Arianna Catenacci – Politecnico di Milano
Giovanni Caudo – Università di Roma Tre
Bibo Cecchini – Università di Sassari
Filippo Celata – Università di Roma La Sapienza
Carlo Cellamare – Università La Sapienza di Roma
Floriana Cerniglia – Università Cattolica di Milano
Claudia Cassatella – Politecnico di Torino
Francesco Chiodelli – Università di Torino
Francesca Cognetti – Politecnico di Milano
Laura Colini – Università IUAV di Venezia
Andrea Comboni – Università di Trento
Grazia Concilio – Politecnico di Milano
Giancarlo Consonni, Politecnico di Milano
Francesca Conti- Università di Roma La Sapienza
Alessandro Coppola – Politecnico di Milano
Giorgiomaria Cornelio Università Iuav di Venezia
Elisa Cristiana Cattaneo – Politecnico di Milano
Pierre Alain Croset, Politecnico di Milano
Joselle Dagnes – Università di Torino
Senzio Sergio D’Agata – Università Bicocca
Concetta D’Angeli – Università di Pisa
Alessandro Dama – Politecnico di Milano
Lidia De Candia – Università di Sassari
Francesco De Cristofaro – Università di Napoli Federico II
Silvia De Laude – Università di Roma La Sapienza
Sabina De Luca – Forum Uguaglianze e Diversità
Vezio De Lucia – Università la Sapienza di Roma
Antonio De Rossi – Politecnico di Torino
Lorenzo degli Esposti – Università di Genova
Alessandro Del Piano – urbanista
Antonio Di Gennaro – agronomo
Veronica Dini – avvocato
Martino Doimo – Università Iuav di Venezia
Luigi de Falco – Presidente Italia Nostra Napoli
Paula de Jesus – LABUR – Laboratorio Urbanistica
Paolo De Nardis – Università La Sapienza- Roma
Giuseppe Episcopo – Università Roma Tre
Antonio Esposito – Università di Bologna
Romeo Farinella – Università di Ferrara
Davide Tommaso Ferrando – Università di Bolzano
Francesco Saverio Fera – Università di Bologna
Marco Ferrari – Università Iuav di Venezia
Cristiana Fiamingo – Università degli Studi di Milano
Pierfrancesco Fiore – Università di Salerno
Daniel Andrew Finch-Race – Università di Bologna
Mattia Fiore – Università di Bologna
Gianfranco Franz – Università di Ferrara
Alessia Franzese – Università Iuav di Venezia
Laura Fregolent – Università Iuav di Venezia
Emanuele Frixa – Università di Bologna
Andrea Fumagalli – Università di Pavia
Sara Gandini – IEO
Emanuele Garbin – Università Iuav di Venezia
Giuseppe Garzia – Università di Bologna
Francesco Gastaldi – Università Iuav di Venezia
Dario Gentili – Università Roma Tre
Maria Cristina Gibelli – Politecnico di Milano
Daniele Giglioli – Università di Trento
Roberto Gigliotti – Università di Bolzano
Corrado Giuliano – avvocato
Simone Gobbo, Università Iuav di Venezia
Giorgio Goggi – Politecnico di Milano
Paolo Gomarasca – Università Cattolica di Milano
Francesca Governa – Politecnico di Torino
Elena Granata – Politecnico di Milano
Claudio Greppi – Università di Siena
Massimiliano Guareschi – Università Bicocca
Giovanna Iacovone – Università della Basilicata
Carlo Iannello – Università di Napoli Federico II
Giovanni Laino – Università di Napoli Federico II
Arturo Sergio Lanzani – Politecnico di Milano
Tommaso Listo – Politecnico di Torino
Antonio Longo – Politecnico di Milano
Francesca Leder – Università di Ferrara
Alberto Lucarelli – Università di Napoli Federico II
Sabrina Lucarelli – Direttivo Riabitare l’Italia
Stefano Lucarelli – Università di Bergamo
Giovanni Maciocco – Università di Sassari
Paolo Maddalena – Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale
Roberto Mancini – Università di Macerata
Sara Marini – Università Iuav di Venezia
Costanza Margiotta – Università di Padova
Sergio Marotta – Università Suor Orsola Benincasa
Anna Marson – Università Iuav di Venezia
Gianni Mastrolonardo – Università di Firenze
Alfio Mastropaolo – Università di Torino
Clara Mattei – New School for Social Research, NY
Ugo Mattei – Università di Torino
Arturo Mazzarella – università di Roma
Eugenio Mazzarella – Università di Napoli Federico II
Francesco Memo – scrittore
Livia Mercati – Università di Perugia
Carlo Moccia – Politecnico di Bari
Tomaso Montanari – università per stranieri di Siena
Raul Mordenti – Università di Roma Tor Vergata
Cristina Morini – Effimera
Andrea Morniroli – Economia Fondamentale
Stefano Munarin – Università Iuav di Venezia
Francesco Musco – Università Iuav di Venezia
Mario Angelo Neve – Università di Bologna
Elena Ostanel – Università Iuav di Venezia
Sergio Pace – Politecnico di Torino
Daniela Padoan – Presidente di Giustizia e Libertà
Francesco Pallante – Università di Torino
Pancho Pardi – Università di Firenze
Marco Parisi – Università del Molise
Rita Paris – direttore Parco Archeologico dell’Appia Antica
Rossano Pazzagli – Università del Molise
Agostino Petrillo – Politecnico di Milano
Marco Peverini – Politecnico di Milano
Massimo Pica Ciamarra – Università di Napoli Federico II, International Academy of Architecture,
Emanuele Piccardo – Università di Genova
Vanessa Pietrantonio – Università di Bologna
Paolo Pileri- Politecnico di Milano
Valeria Pinto – Università di Napoli Federico II
Michelangelo Pivetta – Università di Firenze
Pierluigi Portaluri – Università del Salento
Alessandro Portelli – Università di Roma La Sapienza
Stefano Portelli – Università di Roma Tre
Geminello Preterossi – Università di Salerno
Matteo Proto- Università di Bologna
Gabriella Pultrone – Università Mediterranea di Reggio Calabria
Carlo Quintelli – Università di Parma
Federico Rahola – Università di Genova
Gundula Rakowitz – Università Iuav di Venezia
Cristina Renzoni – Politecnico di Milano
Laura Rescia – Università di Torino
Francesco Rispoli – Università di Napoli Federico II
Aurora Riviezzo – Politecnico di Torino
Luisa Rossi – Università degli studi di Parma
Ugo Rossi – Gran Sasso Science Institute dell’Aquila
Renzo Luigi Rosso – CNR – IRPI, Politecnico di Milano
Luca Ruali – Università Iuav di Venezia
Lorenzo Sacconi – Università Statale di Milano
Laura Saija – Università di Catania
Angelo Salento – Università del Salento
Isaia Sales – Università Suor Orsola Benincasa
Carlo Salone – Università di Torino
Battista Sangineto – Università della Calabria
Giuseppe Scaglione – Università di Trento
Enzo Scandurra – Università di Roma
Giuseppe Scandurra – Università di Ferrara
Andrea Schiavone – LABUR – Laboratorio Urbanistica
Rocco Sciarrone – Università di Torino
Giovanni Semi – Politecnico di Torino
Salvatore Settis – Scuola Normale Superiore, Università di Pisa
Luca Skansi – Politecnico di Milano
Paolo Sordi (Università eCampus; Università di Roma Tor Vergata)
Laura Tedesco – Università Iuav di Venezia
Fabio Terribile – Università di Napoli Federico II
Vincenzo Tondi della Mura – Università del Salento
Graziella Tonon – Politecnico di Milano
Simone Tosi – Università Bicocca
Lucia Tozzi – Università di Bologna
Francesco Trane – Università di Ferrara
Maria Cristina Treu – Politecnico di Milano
Simone Tulumello – Università di Lisbona
Paolo Urbani – Università La Sapienza di Roma
Sergio Vacca – Università di Sassari
Giorgio Vacchiano – Università Statale Milano
Pietro Valle – Politecnico di Milano
Francesco Vallerani – Università Ca Foscari di Venezia
Daniele Vannetiello – Università di Bologna
Mauro Varotto – Università di Padova
Matteo Vegetti – Università di Mendrisio
Sergio Vellante – Università della Campania Luigi Vanvitelli
Massimo Venturi Ferriolo – Politecnico di Milano
Gianfranco Viesti – Università di Bari
Marco Vigliotti – Università La Sapienza di Roma
Tiziana Villani – Università La Sapienza di Roma
Federica Visconti – Università di Napoli
Chiara Visintin – Biblioteca Archivio Emilio Sereni
Daniele Vitale – Politecnico di Milano
Alessandro Volpi – Università di Pisa
Federico Zanfi – Politecnico di Milano
Alberto Ziparo – Università di Firenze
Iacopo Zetti – Università di Firenze