Intelligenza artificiale, che cosa c’è di nuovo?

Mar 4, 2024 | Attualità

intelligenza artificiale cooperative

di Gianfranco Crevani | Ingegnere gestionale, esperto di consulenza organizzativa

Io: “Indicami in sintesi tre benefici e tre criticità che possono derivare da un uso esteso dell’intelligenza artificiale generativa”

ChatGPT: “L’uso esteso dell’intelligenza artificiale generativa porta con sé benefici e sfide distinti:

Benefici

1. Innovazione e Creatività: Amplifica le capacità creative umane, generando nuove idee, arte, design e contenuti a velocità e scala precedentemente irraggiungibili.

2. Efficienza Produttiva: Migliora l’efficienza nella produzione di contenuti, riducendo i tempi e i costi necessari per creare materiali vari, dalla documentazione tecnica alla creazione di media.

3. Personalizzazione: Offre possibilità senza precedenti per la personalizzazione di prodotti, servizi ed esperienze educative, adattandosi alle esigenze e preferenze individuali.

Criticità

1. Etica e Originalità: Solleva questioni etiche riguardanti l’autenticità e l’originalità, mettendo in discussione i confini tra il lavoro creativo umano e quello generato dall’intelligenza artificiale.

2. Diritti d’Autore e Proprietà Intellettuale: Pone sfide legali legate alla proprietà intellettuale, complicando la determinazione della titolarità dei diritti per i contenuti generati dall’intelligenza artificiale.

3. Impatto sul Lavoro: Potrebbe causare una ristrutturazione significativa nel mercato del lavoro, con l’automazione che sostituisce o trasforma i ruoli tradizionali, richiedendo nuove competenze e adattamenti professionali.

Questi punti evidenziano l’importanza di un approccio equilibrato nello sfruttare i vantaggi dell’intelligenza artificiale generativa, affrontando contemporaneamente le sue implicazioni etiche, legali e socio-economiche.”

Come funziona?

L’esplosione di interesse e di applicazioni su questi temi durante l’ultimo anno è legato alla comparsa di strumenti di intelligenza artificiale generativa, di cui ChatGPT, che qui sopra ha risposto a una mia domanda, è il più noto. Ma allora, come funziona?  Per dirla in modo semplice, l’algoritmo di ChatGPT ha incamerato centinaia di miliardi di parole, le ha frullate  e ha “contato” i collegamenti tra di esse (si è addestrato ): poiché “albero” era più spesso collegato a “foglia” che a “forchetta”, ora costruisce le sue risposte tenendone conto. Mettendo insieme centinaia di miliardi di collegamenti, arriva alle risposte come quella sopra. Costruisce cioè una risposta dotata di significato, utilizzando un criterio statistico-probabilistico applicato a  una mole enorme di dati. In più viene indirizzato e guidato da una serie di criteri, diciamo per semplicità di ordine etico.

E qui è già partita la discussione fra scienziati, filosofi, intellettuali: ma questo simula il funzionamento del cervello umano? Siamo di fronte a una forma nuova di pensiero? Mi risulta che non ci sia ancora una risposta condivisa, in compenso è molto diffuso un sentimento di preoccupazione, il timore che la macchina possa prevalere sull’umano e in qualche modo sottometterlo (c’è chi prevede un punto in cui la macchina sorpasserà le capacità dell’umano, chi dice che tale punto è vicino e qualcuno sostiene che lo abbiamo già superato).

Qualche osservazione

Noi umani siamo decisamente sotto shock! In pochi anni il nostro pregiudizio antropocentrico – l’uomo padrone di tutte le cose – ha subito due colpi fatali (per i maschi tre): la natura ha cominciato a presentarci il conto e a dirci che viviamo in un sistema ecologico, in cui non possiamo fare proprio tutto quello che vogliamo; e adesso ChatGPT mette in discussione il nostro monopolio nel costruire discorsi, nel creare immagini e musica!

L’ingegnere che è in me propone un altro approccio: siamo di fronte a uno strumento, come per tutti gli strumenti – e quindi come per tutte le tecnologie – esiste un uso buono e un uso cattivo (nei gialli di Agatha Christie un morbido cuscino è a volte strumento di un feroce omicidio); inoltre questo indirizzo verso un uso “carico di valori e di fini” è molto precoce, avviene spesso fin dalla fase di ideazione, di progettazione di una tecnologia. Di conseguenza la tecnologia va indirizzata e valutata rispetto all’uso che se ne fa, nei suoi benefici e nei suoi rischi (ecco perché la domanda).

Ora, di ChatGPT io apprezzo soprattutto la capacità di svolgere in tempo zero (non c’è il tempo di finire la domanda che è già partita la risposta ) un lavoro noioso e complicato di raccolta, selezione e confronto, integrazione, esposizione di argomentazioni attinenti a un quesito complesso. Lo vedo come il mio assistente, che si carica della parte preliminare e faticosa del lavoro ( e parlo ad esempio di definire piani di azione, procedure, modelli di sistemi, valutazioni rispetto a criteri …. ). Poi arrivo io, con il mio senso critico, con il mio giudizio, con la mia visione e correggo, modifico, faccio domande più approfondite, personalizzo. Così lo sto usando e così funziona, nonostante sia un generalista e a un certo punto di dettaglio si fermi (ma qui stanno arrivando i GPT specialisti). In un certo numero di situazioni mi ha fatto risparmiare dal 30 al 70% del tempo e ha contribuito ad arricchire la qualità del risultato (ovviamente faccio fatica a riconoscerlo).

Non ho un giudizio fondato sulla capacità creativa, che non ho molto sperimentato. Posso dire che l’estate scorsa, rispondendo a un bando che chiedeva di indicare esperienze di progetti su un certo tema, ne ha sparati tre molto pertinenti e assolutamente inventati. Intuisco che nel suo approccio statistico probabilistico una certa forma di creatività possa originarsi lavorando sui collegamenti (come dire, se mi sposto dal collegamento principale e vado su uno meno probabile, cosa ne vien fuori? La creatività può forse emergere da una distorsione statistica?)

La gestione dei benefici e dei rischi

Trovo molto positiva la rapidità con cui questi temi sono stati affrontati da mondo politico, mondo scientifico, mass media, mondo culturale, imprese. I rischi ci sono, alcuni li abbiamo letti sopra, vanno gestiti e bisogna farlo prima di tutto ad alto livello. Dopo diversi fallimenti (le ricadute della globalizzazione, gli effetti negativi dei social, le fake news, etc.) questa volta ci si è mossi per tempo. L’ Unione Europea sta varando il quadro normativo, nelle Università sono nati riferimenti dedicati (cito Luciano Floridi e i suoi lavori sull’etica digitale), molti media conducono programmi apprezzabili, molti operatori economici si dichiarano interessati e sollecitano interventi regolatori.

Siamo di fronte a un altro passaggio epocale, che va a toccare ambiti molto sensibili, che sta avvenendo a una velocità impressionante, che prospetta benefici potenziali notevoli per intensità ed estensione. Qualcuno ha per questo avanzato la proposta di considerare l’intelligenza artificiale come “bene comune” e di trattarne di conseguenza le modalità di sviluppo; in ogni caso sta alla Politica in primo luogo e alla Società nelle sue diverse espressioni governare e indirizzare i processi complessi che si stanno manifestando, verso la realizzazione dei benefici e la gestione dei rischi connessi (ce lo dice lo stesso ChatGPT!). L’intelligenza artificiale è troppo importante e troppo impattante per essere lasciata solo a chi vi opera direttamente e al mercato.

Un affondo

Su un tema mi trovo in disaccordo con le opinioni prevalenti: quando si valutano i possibili impatti sul mondo del lavoro, si indicano tra gli altri riduzioni di occupazione e eliminazione di mestieri, con necessità di riconversioni professionali e di mitigazione delle ricadute sociali negative.

Si considera già acquisito, in sostanza, che il miglioramento generale di produttività porterà benefici in parte all’utilizzatore finale, ma soprattutto all’impresa o all’organizzazione che eroga o produce il bene, mentre le persone che vi operano (“i lavoratori”) dovranno o riconvertirsi a nuovi mestieri (e questo va bene) o pagare i costi della trasformazione. È un film già visto, con crescita delle disuguaglianze, regressi sociali e gruppi ristretti che diventano miliardari. Fenomeno criticato a parole ma poi non affrontato realmente.

I benefici in termini di produttività devono ricadere anche sui “lavoratori”! L’opportunità è formidabile, diventano realisticamente sostenibili obiettivi già avanzati (prematuramente?), come una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro. La fattibilità va ben articolata, richiede interventi coordinati a livelli alti, nazionali e sovranazionali; ma soprattutto richiede una spinta politico-sindacale di cui non vedo molte tracce. Paradossalmente si stanno muovendo di più alcune singole imprese!  

E il mondo della Cooperazione sociale, e noi del Melograno?

Vedo delle chiare opportunità per il nostro mondo e per la nostra Cooperativa in particolare. Per inciso non ci possono essere equivoci su chi ha la supremazia, nelle nostre attività al centro c’è l’interazione fra le persone fragili e i nostri operatori, la tecnologia è al servizio. E può aiutarci a portare e gestire le conoscenze e le competenze che mettiamo in gioco, in modo facile, personalizzato e sempre ad alto livello. Può consentirci ad esempio una rete di formazione pervasiva e duttile, un supporto nella produzione e nella gestione di testi e documenti, nelle progettazioni di vario livello, nella applicazione di procedure e regole organizzative.

ChatGPT è un generalista, può aiutarci fino a un certo punto, utilizzando la conoscenza pubblicata negli anni, con cui è addestrato. Si presenta ora l’opportunità di sviluppare sistemi specializzati, che vanno alimentati con la nostra conoscenza specifica e approfondita, relativa agli ambiti in cui operiamo (si tratta in pratica di selezionare e validare documenti che descrivono questa conoscenza, darli in pasto al sistema e poi testarlo e affinarlo usandolo). Perché non prendere noi l’iniziativa (ovviamente supportati da adeguate competenze informatiche) e posizionarci nel gruppo di testa tra gli utilizzatori dell’intelligenza artificiale?

E poi, rispetto alla distribuzione dei benefici, chi meglio del sistema cooperativo è in grado di passare dalle parole ai fatti e di sperimentare modelli che portino equamente vantaggi ai fruitori, ai lavoratori, alle Imprese sociali e agli stessi Enti pubblici committenti?

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