di Dario Colombo
Dopo avere dato la notizia dell’approvazione del disegno di legge 788/2024 relativo all’istituzione dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative, torniamo oggi sull’argomento, passando in rassegna l’articolato della nuova norma, con l’intento di offrire un quadro informativo, aprendo al contempo ad alcuni spunti di possibile riflessione.
Partiamo dal testo e restiamo sullo stesso, premettendo che il provvedimento è stato approvato lo scorso 9 aprile dal Senato, senza modifiche rispetto a quanto già approvato dalla Camera dei Deputati. L’iter parlamentare è quindi concluso e si attendono ora la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica e poi la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Al termine di questi passaggi formali la legge diventerà operativa.
Il testo si compone di tredici articoli, dichiarando i suoi intenti fin dal titolo (“Disposizioni in materia di ordinamento delle professioni pedagogiche ed educative e istituzione dei relativi albi professionali”). Si parla della volontà di “ordinare la materia”, precisando che si trattano due diverse professioni, ragione per la quale si andranno ad istituire due albi distinti (che si aggiungono a quello dedicato agli educatori socio-sanitari [1]), scegliendo una via diversa rispetto al regime ordinistico delle altre due professioni di cura principali, gli psicologi e gli assistenti sociali, per i quali, in entrambi i casi, è previsto un solo albo, sebbene diviso in due distinte sezioni.
Ma andiamo con ordine.
Art. 1
“Definizione della professione di pedagogista”
- Il pedagogista è lo specialista dei processi educativi che, operando con autonomia scientifica e responsabilità deontologica, esercita funzioni di coordinamento, consulenza e supervisione pedagogica per la progettazione, la gestione, la verifica e la valutazione di interventi in campo pedagogico, educativo e formativo rivolti alla persona, alla coppia, alla famiglia, al gruppo, agli organismi sociali e alla comunità in generale. L’attività professionale del pedagogista comprende l’uso di strumenti conoscitivi, metodologici e di intervento per la prevenzione, l’osservazione pedagogica, la valutazione e l’intervento pedagogico sui bisogni educativi manifestati dal bambino e dall’adulto nei processi di apprendimento.
- Il pedagogista è un professionista di livello apicale, ai sensi del comma 595 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n.205, la cui formazione è funzionale al raggiungimento di conoscenze, abilità e competenze educative del livello 7 del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, di cui alla raccomandazione 2017/C 189/03 del Consiglio, del 22 maggio 2017, specialista dei processi educativi e formativi della persona per tutto il corso della vita. Opera con autonomia scientifica e responsabilità deontologica in ambito educativo, formativo e pedagogico in relazione a qualsiasi attività svolta in modo formale, non formale e informale. Il pedagogista può svolgere, presso le pubbliche amministrazioni e nei servizi pubblici e privati, compiti e funzioni di consulenza tecnico-scientifica e attività di coordinamento, di direzione, di monitoraggio e di supervisione degli interventi con valenza educativa, formativa e pedagogica, in particolare nei comparti educativo, sociale, scolastico, formativo, penitenziario e socio-sanitario, quest’ultimo limitatamente agli aspetti socio-educativi, nonché attività di orientamento scolastico e professionale, di promozione culturale e di consulenza.
- Il pedagogista svolge altresì attività didattica, di sperimentazione e di ricerca nello specifico ambito professionale.
- La professione di pedagogista può essere esercitata in forma autonoma o con rapporto di lavoro subordinato.
La definizione di pedagogista – parola inserita nei vocabolari in tempi piuttosto recenti, soprattutto se si considera la storia della pedagogia – evita di parlare della figura come “studioso”, la prima parola scelta da diversi vocabolari[2]. Il pedagogista non è neppure un esperto, quanto piuttosto uno “specialista dei processi educativi”, che spende il suo patrimonio di competenze in “funzioni di coordinamento, consulenza e supervisione pedagogica”. Si tratta di una definizione, almeno ad avviso di chi scrive, niente affatto scontata, anzi direi angolata assai, tesa ad accentuare la specialità prima ancora della specificità, a trovare un luogo e un posto definiti, con un’idea sottesa di sapere che tende, anche per una disciplina di chiara matrice umanistica, a dividere, a parcellizzare, a frammentare gli approcci, a giustapporre più che a integrare gli sguardi [3].
Il comma 2 dell’articolo parla del livello professionale, scegliendo una parola come “apicale [4]”, per altro tipica di un gergo burocratico-amministrativo, ed appoggiandosi su una raccomandazione della Comunità europea in cui, per il richiamato livello 7, per due volte, in pochissime righe, torna la parola “specializzato”.
Uno specialista di livello apicale, quindi, con accento evidente posto su una sorta di gerarchia dei ruoli e delle funzioni, senza che mai compaia la parola conoscenza, preferendo parlare di direzione, di coordinamento, di una non meglio chiarita consulenza tecnico-scientifica. Questo “specialista dei processi educativi” ha precisi ambiti di intervento, con un limite tuttavia, che non può sfuggire: non lavora in ambito sanitario, ma solo in quello socio-sanitario, limitandosi, per quest’ultimo segmento di attività, agli “aspetti socio-educativi”. Si introduce così un aspetto che in questi giorni, e nei mesi che hanno preceduto l’approvazione del disegno di legge, ha fatto discutere gli addetti ai lavori, ossia una sorta di divisione delle carriere tra contesti che afferiscono alla formazione e quelli che fanno riferimento alle discipline sanitarie: con evidenza si intendono diversi i “processi educativi” a seconda degli ambiti, ragione per la quale si ritengono necessari “specialisti” espressi da culture professionali diverse. Va detto, in proposito, che rispetto agli ambiti già definiti nel comma 594 dell’articolo 1 della legge 205/2017, scompaiono anche diversi altri ambiti di intervento (culturale; giudiziario, commutato in penitenziario; ambientale; sportivo e motorio; dell’integrazione e della cooperazione internazionale).
Riassumendo, il pedagogista non è uno studioso, non è un esperto, ma è uno specialista; egli è inteso come figura apicale attiva in diversi comparti (educativo, sociale, scolastico, formativo, penitenziario), ma può spendersi solo per gli aspetti socio-educativi in ambito socio-sanitario, non avendo tra gli ambiti di intervento l’ambito sanitario.
Art. 2
“Requisiti per l’esercizio dell’attività di pedagogista”
- Per esercitare la professione di pedagogista è necessario il possesso di uno dei seguenti titoli di studio:
a) laurea specialistica o magistrale in programmazione e gestione dei servizi educativi, classi 56/S e LM-50;
b) laurea specialistica o magistrale in scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, classi 65/S e LM-57;
c) laurea specialistica o magistrale inscienze pedagogiche, classi 87/S e LM-85;
d) laurea specialistica o magistrale in teorie e metodologie dell’e-learning e della media education, classi 87/S e LM-93;
e) laurea in scienze dell’educazione o in pedagogia, rilasciata ai sensi dell’ordinamento previgente alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n.509. - Possono altresì esercitare la professione di pedagogista i professori universitari ordinari e associati e i ricercatori che insegnano o hanno insegnato discipline pedagogiche in università italiane o estere e in enti pubblici di ricerca italiani o esteri.
- Per l’esercizio della professione di pedagogista è necessaria l’iscrizione nell’albo dei pedagogisti dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative, istituito ai sensi del comma 1 dell’articolo 5, previo conseguimento del titolo di studio e accertamento delle competenze professionali acquisite con il tirocinio previsto dal corso di studi. La prova valutativa delle competenze professionali acquisite con il tirocinio svolto presso una struttura, attestato congiuntamente dalla struttura medesima e dagli organi accademici, è sostenuta alla presenza di un componente designato dall’Ordine professionale. La prova valutativa di cui al secondo periodo è svolta prima della discussione della tesi di laurea, nell’ambito dell’esame finale per il conseguimento del titolo di studio abilitante all’esercizio della professione di pedagogista.
- Dopo il comma 1 dell’articolo 1 della legge 8 novembre 2021, n.163, è inserito il seguente:
“1-bis. L’esame finale per il conseguimento delle lauree magistrali delle classi LM-50 – Programmazione e gestione dei servizi educativi, LM-57 – Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua, LM-85 – Scienze pedagogiche e LM-93 – Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education nonché le lauree in scienze dell’educazione o in pedagogia rilasciate ai sensi dell’ordinamento previgente alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, abilitano all’esercizio della professione di pedagogista”.
Come si vede, l’esercizio della professione di pedagogista viene riservato, senza necessità di successive prove dopo il conseguimento della laurea (una differenza importante rispetto a diverse altre professioni ordinistiche) ai laureati magistrali in diverse classi, riprendendo quanto già precedentemente definito con la legge 205/2017 (la cosiddetta legge Iori, articolo 1, comma 595), con significativa eccezione estensiva prevista dal comma 2, che, riferendosi agli ambienti accademici, allarga la platea degli aventi diritto ai “professori universitari ordinari e associati e [ai] ricercatori”. Queste figure è sufficiente, a prescindere dal titolo di studio posseduto, “che insegn[i]no o [abbiano] insegnato discipline pedagogiche in università italiane o estere e in enti pubblici di ricerca italiani o esteri”, il tutto senza neanche un parametro temporale che definisca per quanto tempo queste figure abbiano fatto ricerche o abbiano insegnato e senza neppure una precisazione che spieghi cosa si intenda con esattezza con la formula “discipline pedagogiche”; il fatto non sembra importare, per la legge – che non li definisce studiosi – sono comunque professionisti specializzati cui affidare ruoli apicali.
Art. 3
“Definizione dell’educatore professionale socio-pedagogico”
- L’educatore professionale socio-pedagogico è un professionista operativo di livello intermedio che svolge funzioni progettuali e di consulenza con autonomia scientifica e responsabilità deontologica. Opera nei servizi socio-educativi e socio-assistenziali e nei servizi socio-sanitari, per questi ultimi limitatamente agli aspetti educativi. L’educatore professionale socio-pedagogico valuta, progetta, organizza e mette in atto progetti, interventi e servizi educativi e formativi in ambito socio-educativo, socio-assistenziale e socio-sanitario, per quest’ultimo limitatamente agli aspetti educativi, rivolti a persone in difficoltà o in condizione di disagio, collaborando con altre figure professionali, e stimola i gruppi e gli individui a perseguire l’obiettivo della crescita integrale e dell’inserimento o del reinserimento sociale, definendo interventi educativi, formativi, assistenziali e sociali, anche in collaborazione con altre agenzie educative.
- L’educatore professionale socio-pedagogico può operare nelle strutture pubbliche o private di carattere socio-educativo, socio-assistenziale, formativo, culturale, ambientale e socio-sanitario, per quest’ultimo limitatamente agli aspetti educativi, e può svolgere attività didattica e di sperimentazione nello specifico ambito professionale.
- La professione di educatore professionale socio-pedagogico può essere esercitata in forma autonoma o con rapporto di lavoro subordinato.
Nel comma 1, come si vede, la legge, per definire la figura professionale, sceglie di abbinare, seguendo quanto già introdotto con la citata 205/2017, la parola professionale alla formula socio-pedagogico, limitando, fin dal nome, l’ambito d’azione dell’educatore. La figura viene poi definita come “professionista operativo di livello intermedio”, il quale tuttavia svolge funzioni “progettuali e di consulenza con autonomia scientifica e responsabilità deontologica”. Una definizione che fatico a comprendere fino in fondo, notando che si cerca, da un lato, di marcare una netta gerarchia interna alle istituende professioni ordinistiche (il pedagogista è uno specialista di livello apicale, l’educatore socio-pedagogico è una figura operativa di livello intermedio), puntando, dall’altro, a salvaguardare le dimensioni progettuale e consulenziale, parlando anche di “autonomia scientifica” come per il pedagogista. Si ribadiscono poi i limiti per il comparto socio-sanitario (in due passaggi), anche qui escludendo del tutto il settore sanitario.
Quanto agli ambiti d’intervento (comma 2), ricompaiono qui i contesti culturale e ambientale (ma non quello sportivo) previsti nella norma del 2017.
Tornando al comma 1, colpisce il passaggio in cui si afferma che “l’educatore professionale socio-pedagogico valuta, progetta, organizza e mette in atto progetti, interventi e servizi educativi e formativi […] rivolti a persone in difficoltà o in condizione di disagio”. La figura professionale, dunque, secondo il dettato di legge, non rivolge la sua azione alla totalità delle persone, ma solo a chi si trova “in difficoltà o in condizione di disagio”. Una definizione, forse rivedibile, che rischia di porre enfasi sulla dimensione della cura, preferendola alla prevenzione e alla promozione di processi ed esperienze evolutivi e di crescita, ossia a un’idea di educazione pensata per tutti, non solo per chi si trova in condizione di disagio.
Art. 4
“Requisiti per l’esercizio dell’attività di educatore professionale socio-pedagogico e di educatore nei servizi educativi per l’infanzia di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65”
- Per esercitare la professione di educatore socio-pedagogico e di educatore nei servizi educativi per l’infanzia di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n.65, nonché all’articolo 1, commi da 594 a 599, della legge 27 dicembre 2017, n.205, sono necessari:
a) il conseguimento del titolo di laurea triennale, previo accertamento delle competenze professionali acquisite con il tirocinio previsto dal corso di studi. La prova valutativa delle competenze professionali acquisite con il tirocinio svolto presso una struttura, attestato congiuntamente dalla struttura medesima e dagli organi accademici, è sostenuta alla presenza di un componente designato dall’Ordine professionale. La prova valutativa di cui al periodo precedente è svolta prima della discussione della tesi di laurea, nell’ambito dell’esame finale per il conseguimento del titolo di studio abilitante all’esercizio della professione di educatore professionale socio-pedagogico;
b) in alternativa rispetto al requisito di cui alla lettera a), il possesso della corrispondente qualifica attribuita ai sensi dei commi 595, primo periodo, 597 e 598 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n.205;
c) l’iscrizione nell’albo degli educatori professionali socio-pedagogici dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative, istituito ai sensi del comma 2 dell’articolo 5.
Nel titolo dell’articolo si registra una estensione della platea, includendo, oltre agli educatori professionali socio-pedagogici, la cui professionalità viene descritta nel precedente articolo 3, anche gli educatori nei servizi educativi per l’infanzia di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, professionalità non descritta nella legge di cui si discute, ma comunque inserita tra quelle da ricomprendere nell’albo degli “educatori professionali socio-pedagogici”; a una prima lettura sembra un passaggio che, nel tentativo di riordinare, porta in realtà un ulteriore elemento di confusione in una galassia in cui tra professioni, livelli e specialità c’è il rischio davvero di smarrirsi, quando non di perdersi del tutto.
Quanto ai requisiti richiesti si registra che, anche in questo caso, sia i titoli di studio sia le qualifiche conseguite, risultano abilitanti, dando cioè direttamente diritto a richiedere l’iscrizione al costituendo albo. Possono esercitare la professione di educatore socio-pedagogico e di educatore nei servizi educativi per l’infanzia anche coloro che, come previsto dalla cosiddetta legge Iori (legge di bilancio 2018 – 205/2017, articolo 1, commi 595, 597 e 598), hanno portato a termine il percorso di qualificazione per diventare – o in virtù dell’esperienza acquisita entro la fine del 2017, o in conseguenza del corso intensivo previsto da tale norma -, per l’appunto, educatori socio-pedagogici. Ecco qui, dunque, un’altra novità rispetto ad altri albi professionali: all’albo professionale degli educatori socio-pedagogici potranno iscriversi anche persone che non hanno mai conseguito un titolo di laurea, considerato il fatto che la legge 205/2017 apriva alla possibilità di acquisire la qualifica di educatore socio-pedagogico anche a chi, all’entrata in vigore del provvedimento e previo il superamento del già citato corso intensivo, potesse contare su un “inquadramento nei ruoli delle pubbliche amministrazioni a seguito di un pubblico concorso relativo al profilo di educatore”, oppure potesse dimostrare di aver svolto “attività di educatore per almeno 3 anni, anche non continuativi, dimostrata con dichiarazione del datore di lavoro o autocertificazione”, oppure, e ancora, essere in possesso di “diploma rilasciato entro l’anno scolastico 2001-2002 da un istituto magistrale o da una scuola magistrale”. Dal gruppo di coloro che possono iscriversi, tuttavia, non vengono ricompresi gli educatori socio-sanitari, per i quali è già stato istituito un diverso albo professionale.
Art. 5
Istituzione dell’albo dei pedagogisti e dell’albo degli educatori professionali socio-pedagogici
- È istituito l’albo dei pedagogisti.
- È istituito l’albo degli educatori professionali socio-pedagogici.
- È consentita la contemporanea iscrizione dei professionisti agli albi di cui ai commi 1 e 2.
- Gli iscritti agli albi dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici sono tenuti al segreto professionale. In caso di violazione, si applica l’articolo 622 del codice penale.
Art. 6
Istituzione dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative
- Gli iscritti agli albi dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici costituiscono l’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative, articolato su base regionale e, limitatamente alle province autonome di Trento e di Bolzano, su base provinciale.
- L’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative è istituito con decreto del Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio nazionale di cui all’articolo 8 e le associazioni nazionali rappresentative delle professioni pedagogiche ed educative.
- L’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative è un ente pubblico non economico e agisce quale organo sussidiario dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale. È dotato di autonomia patrimoniale, finanziaria, regolamentare e disciplinare e sottoposto alla vigilanza del Ministero della giustizia. È finanziato esclusivamente con i contributi degli iscritti senza oneri per la finanza pubblica.
- Con il decreto di cui al comma 2 sono altresì stabilite le modalità di funzionamento dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative, le disposizioni relative al suo ordinamento interno e le norme necessarie perla prima applicazione della presente legge.
Come si diceva più sopra, viene istituito un ordine, quello delle professioni pedagogiche ed educative” (articolo 6, comma 1) e vengono al contempo previsti due albi professionali. L’articolo 6 si concentra poi sui successivi passaggi da compiere, facendo riferimento a un decreto, affidato al Ministro della Giustizia per rendere operativa la costituzione dell’ordine e le sue modalità di riferimento. Il fatto che la vigilanza sia affidata al Ministero della Giustizia e non a quello della Salute, amplia, se possibile, ancor di più la separazione tra gli educatori professionali con profilo sanitario e quelli con profilo socio-educativo. Va infatti chiarito che per la normativa italiana sugli ordini professionali vigilano: il Ministero della Salute per le professioni sanitarie (e il decreto per gli educatori professionali socio-sanitari fu infatti emanato dal Ministero della Salute); il Ministero della Giustizia per le professioni delle aree giuridiche, tecniche ed economiche. Quindi, riepilogando, per il riordino delle professioni afferenti alle scienze dell’educazione si prevedono: una distinzione tra livelli pedagogico ed educativo, due ordini professionali, due ministeri diversi che vigilano sugli ordini, tre albi professionali distinti.
Art. 7
“Condizioni per l’iscrizione agli albi”
- L’iscrizione agli albi di cui all’articolo 5 è subordinata al possesso dei seguenti requisiti:
- essere cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato rispetto al quale vige in materia la condizione di reciprocità;
- non avere riportato condanne penali passate in giudicato per delitti che comportano l’interdizione dall’esercizio della professione;
- avere conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione;
- avere la residenza in Italia o, per i cittadini italiani residenti all’estero, dimostrare di risiedere all’estero in quanto al servizio, in qualità di pedagogisti o educatori professionali socio-pedagogici, di enti o imprese nazionali operanti fuori del territorio dello Stato.
Art. 8
“Consiglio nazionale dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative”
1. Il Consiglio nazionale dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative è composto dai presidenti degli ordini regionali e degli ordini provinciali delle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Il Consiglio nazionale dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative è convocato per la prima volta dal Ministro della giustizia.
3. Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative ha la rappresentanza dell’Ordine ed esercita le attribuzioni conferitegli dalla presente legge o da altre norme ovvero dal medesimo Consiglio. In caso di impedimento, il presidente è sostituito dal vicepresidente.
4. Il Consiglio nazionale dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative esercita le seguenti funzioni:
a) adotta il regolamento interno per il funzionamento dell’Ordine;
b) provvede all’ordinaria e straordinaria amministrazione dell’Ordine e alla gestione del patrimonio mobiliare e immobiliare di esso e provvede alla compilazione annuale dei bilanci preventivi e dei conti consuntivi dell’Ordine;
c) predispone e aggiorna il codice deontologico, vincolante per tutti gli iscritti negli albi di cui all’articolo 5, e lo sottopone all’approvazione degli stessi tramite referendum;
d) cura l’osservanza delle leggi e delle disposizioni concernenti le professioni pedagogiche ed educative relativamente alle questioni di rilevanza nazionale;
e) designa, a richiesta, i rappresentanti dell’Ordine negli enti e nelle commissioni a livello nazionale;
f) esprime pareri, su richiesta dei Ministeri o degli enti pubblici interessati ovvero di propria iniziativa, anche sulla qualificazione di istituzioni non pubbliche per la formazione professionale dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici;
g) determina la misura del contributo annuale che deve essere corrisposto dagli iscritti negli albi di cui all’articolo 5 nonché gli importi delle tasse per il rilascio dei certificati e dei pareri sulla liquidazione degli onorari. I contributi e le tasse devono essere contenuti nei limiti necessari per coprire le spese occorrenti per la regolare gestione dell’Ordine.
Art. 9
“Riconoscimento di titoli rilasciati all’estero”
1. Per l’esercizio della professione di cui all’articolo 2 e per l’iscrizione al relativo albo sono equipollenti i titoli accademici in pedagogia conseguiti presso istituzioni universitarie estere che, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, previo parere del Consiglio universitario nazionale, siano riconosciute di particolare rilevanza scientifica sul piano internazionale, anche sei soggetti interessati non hanno chiesto la dichiarazione di equipollenza del titolo posseduto con i titoli di studio di cui all’articolo 2 rilasciati da università italiane.
2. Per l’esercizio della professione di cui all’articolo 4 e per l’iscrizione al relativo albo sono equipollenti i titoli di educatore socio-pedagogico conseguiti presso istituzioni che, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, previo parere del Consiglio universitario nazionale, siano riconosciute di particolare rilevanza scientifica sul piano internazionale, anche se i soggetti interessati non hanno chiesto la dichiarazione di equipollenza del titolo posseduto con la laurea in scienze dell’educazione e della formazione, classe di laurea L-19.
Art. 10
“Formazione degli albi e istituzione degli ordini regionali e delle province autonome”
1. In sede di prima attuazione della presente legge, il presidente del tribunale dei capoluoghi delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima legge, nomina un commissario, scelto tra i magistrati in servizio, che, nell’ambito dello svolgimento delle proprie funzioni e del proprio orario di servizio, provvede alla formazione degli albi dei pedagogisti e degli educatori professionali socio-pedagogici.
2. Il commissario di cui al comma 1, entro novanta giorni dalla pubblicazione dell’elenco degli aventi diritto, in possesso dei relativi titoli di studio e che hanno presentato domanda di iscrizione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, indìce l’elezione dei presidenti degli albi e provvede agli altri adempimenti necessari per l’istituzione degli ordini regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità a quanto previsto dalla presente legge. Per lo svolgimento dell’elezione, il commissario nomina un presidente di seggio, un vicepresidente, due scrutatori e un segretario, scegliendoli tra funzionari della pubblica amministrazione.
I diversi articoli di questa parte della norma vanno a regolamentare aspetti di carattere burocratico su cui qui evitiamo di soffermarci, limitandoci a una nota su passaggio che ci pare singolare, laddove (articolo 8, comma 4, lettera C) si dice che il Consiglio nazionale dell’Ordine “predispone e aggiorna il codice deontologico [sottoponendolo poi ad approvazione degli associati] tramite referendum” e soffermandoci poi sull’articolo 9 (“Riconoscimento di titoli rilasciati all’estero”) in cui, sia per i pedagogisti, sia per gli educatori, si chiarisce che per l’esercizio della professione non sarà necessaria la richiesta, da parte dei soggetti interessati, della dichiarazione di equipollenza. Un passaggio che rischia, a mio avviso, di risultare, nella sua concreta applicazione, generatore di confusione. Un richiamo infine all’articolo 10 che, per la nomina del commissario chiamato a rendere operativo il processo di istituzione degli albi, fa ancora riferimento all’ambito delle discipline giuridiche.
Di maggiore interesse, almeno per gli aspetti su cui qui abbiamo ritenuto soffermarci, appare l’articolo seguente.
Art. 11
“Disposizioni transitorie in materia di iscrizione all’albo”
1. In sede di prima attuazione della presente legge, l’iscrizione agli albi di cui all’articolo 5, ferme restando le condizioni di cui alle lettere a), b) e d) del comma 1 dell’articolo 7, è consentita, su domanda da presentare a partire dalla data della nomina del commissario di cui all’articolo 10:
a) per l’albo dei pedagogisti:
1) ai professori universitari ordinari e associati, in servizio, fuori ruolo o in quiescenza, che insegnano o hanno insegnato discipline pedagogiche in università italiane in istituzioni di particolare rilevanza scientifica anche sul piano internazionale, nonché ai ricercatori e agli assistenti universitari di ruolo in discipline pedagogiche e ai laureati che ricoprono o hanno ricoperto un posto di ruolo presso un’istituzione pubblica in materia pedagogica per l’accesso al quale sia richiesta una delle lauree di cui all’articolo 2,comma 1;
2) a coloro che ricoprono o hanno ricoperto presso istituzioni pubbliche un posto di ruolo per l’accesso al quale sia richiesta una delle lauree di cui all’articolo 2, comma 1, svolgendo un’attività di servizio attinente alla pedagogia, e che hanno superato un pubblico concorso o hanno fruito di disposizioni in materia di stabilizzazione del rapporto di lavoro;
3) ai laureati nelle discipline di cui all’articolo 2, comma 1;
4) a coloro che hanno operato per almeno tre anni nelle discipline pedagogiche ottenendo riconoscimenti in tale campo a livello nazionale o internazionale;
5) a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 1;
b) per l’albo degli educatori professionali socio-pedagogici:
1) a coloro che sono in possesso dei requisiti per l’esercizio della professione di educatore dei servizi educativi per l’infanzia di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n.65;
2) ai laureati che alla data di entrata in vigore della presente legge sono in possesso dei requisiti previsti per l’esercizio della professione di educatore professionale socio-pedagogico, come determinati dall’articolo 4, comma 1;
3) a coloro ai quali sia riconosciuta la qualifica di educatore professionale socio-pedagogico o di educatore nei servizi educativi, ai sensi dell’articolo 1, commi 595, primo periodo, 597 e 598, della legge 27 dicembre 2017, n.205, nonché ai sensi del decreto legislativo 13 aprile 2017, n.65;
4) ai laureati in scienze dell’educazione e della formazione, classe di laureaL-19 (ex L-18).
Leggendo l’articolo, le disposizioni transitorie, paiono allargare assai le maglie, “in sede di prima attuazione”, soprattutto per l’esercizio della professione di pedagogista, ossia di quello specialistica apicale di cui la norma parla più sopra.
Il punto 1, riferendosi alle figure accademiche, afferma che possono richiedere l’iscrizione all’albo anche coloro “che insegnano o hanno insegnato discipline pedagogiche […] in istituzioni di particolare rilevanza scientifica”, senza definire in modo stringente né cosa si intenda con la formula “discipline pedagogiche”, né quali siano da ritenersi “istituzioni di particolare rilevanza scientifica”, evitando di richiamare elenchi o repertori di qualsivoglia genere. Il punto quattro, poi, allarga ancora la platea, recitando, testuale, che l’iscrizione all’albo è consentita “a coloro che hanno operato per almeno tre anni nelle discipline pedagogiche ottenendo riconoscimenti in tale campo a livello nazionale o internazionale”. Qui non si parla neppure di titoli da possedere o di altri requisiti, ma solo di una durata triennale dell’esperienza e di non meglio definiti – e non si capisce neppure da chi misurati – “riconoscimenti” ottenuti in campo pedagogico. Un passaggio alquanto confusivo, che potrebbe consentire di ampliare il numero dei pedagogisti, mettiamola così.
Terminando la nostra ricognizione ragionata sull’articolato di legge, concludiamo con gli articoli 12 e 13 dedicati alle clausole di salvaguardia e di invarianza finanziaria. Si tratta di due articoli che, almeno per quanto qui interessa, nulla di significativo aggiungono.
Art. 12
Clausola di salvaguardia
1. Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale18 ottobre 2001, n.3.
Art. 13
Clausola di invarianza finanziaria
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Conclusioni
In conclusione, non ci sentiamo, come per altro già detto all’inizio di questo articolo, di esprimere un giudizio. Crediamo tuttavia che il provvedimento presenti aspetti che vadano guardati in controluce, misurandone poi gli effetti nella sua concreta applicazione. In proposito, riteniamo comunque che la discussione sulla disciplina delle scienze dell’educazione non possa in alcun modo dirsi conclusa, permanendo diverse aree non chiare che afferiscono agli ambiti di intervento e, soprattutto, all’unitarietà di una professione.
[1] Legge n. 3/2018: “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute”.
[2] Si veda, ad esempio, il vocabolario on linea della Treccani (https://www.treccani.it/vocabolario/pedagogista/)
[3] Colpisce, in proposito, la vicinanza tra la definizione scelta per il testo di legge e la descrizione del profilo del pedagogista che dà l’associazione A.N.P.E., come si può vedere consultando il sito dell’associazione stessa (https://www.anpe.it/profilo-del-pedagogista#:~:text=Il%20pedagogista%20%C3%A8%20un%20professionista,e%20formativi%2C%20nei%20comparti%20socio%2D)
[4] “In senso figurato, che costituisce il (o sta al) vertice di una serie ascendente; in particolare, nel linguaggio amministrativo e burocratico, posizione apicale (e analogamente grado, qualifica, funzione apicale, e simili), la posizione che rappresenta il livello funzionale e retributivo più alto (in contrapposizione alla posizione iniziale e a quelle intermedie) di una carriera, di un ruolo, o di una determinata fascia di quella carriera o di quel ruolo”. https://www.treccani.it/vocabolario/apicale/