L’incompiuta Riforma del Terzo Settore: tra promesse infrante e burocrazia senza fine

Apr 29, 2024 | Cooperazione

di Damiano Giovanni Dalerba*

A sette anni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (avvenuta il 2 agosto 2017), dopo innumerevoli Note e Linee Guida ministeriali e pochi decreti attuativi, la Riforma del Terzo Settore (D.Lgs 117/2017) continua ad essere incompiuta, lasciando navigare nel buio centinaia di migliaia di ETS – Enti del Terzo Settore.

Quella che all’inizio, negli obiettivi dei suoi promotori, doveva essere uno strumento di semplificazione ed armonizzazione delle norme precedenti e quindi un aiuto e un sostegno per il terzo settore, si sta invece trasformando, anno dopo anno, in un incubo burocratico.

In questi anni abbiamo infatti assistito all’entrata in vigore di una serie di nuovi obblighi e adempimenti a carico degli ETS ma in cambio non si sono attuati i promessi vantaggi che ne sarebbero dovuti derivare.

Prendiamo, a titolo di esempio, il RUNTS – Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, il nuovo “albo” unificato di tutte le organizzazioni del terzo settore formalmente riconosciute dalla Pubblica Amministrazione italiana (che, per inciso, non è veramente Nazionale, poiché tenuto su base regionale con valutazioni di accesso e di permanenza che non sono unificate e differiscono da Regione a Regione, nonostante i tentativi di armonizzazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).

Il RUNTS ha portato in prima istanza alla chiusura di tutti i precedenti registri regionali e provinciali e al travaso automatico delle organizzazioni che vi erano presenti nel nuovo Registro, in molti casi senza che ne fossero avvisati e, ancora peggio, senza il loro assenso. Cosa non di poco conto poiché la permanenza nel RUNTS comporta tutta una serie di pesanti adempimenti burocratici, amministrativi e organizzativi che non tutte le organizzazioni del terzo settore italiane sono pronte ad affrontare. E, in moltissimi casi, a dirla tutta, non ha nemmeno senso che li affrontino vista l’assenza di reali vantaggi che ne derivano e visto il notevole dispendio di energie e risorse che ciò comporta (e che potrebbero essere meglio impiegate nella propria attività ordinaria). Ecco quindi che subito dopo questo “travaso” nel giro di pochi mesi i diversi RUNTS d’Italia hanno incominciato ad inviare lettere di avviso e richiamo alle organizzazioni iscritte, richiamando alla immediata necessità di adottare nuovi Statuti adeguati alla Riforma pena la cancellazione dal Registro stesso.

Queste lettere, come è logico che sia, hanno mandato nel panico a loro volta i dirigenti di tali organizzazioni che hanno, in tutta fretta, dovuto attivarsi per adeguarsi e trovare una soluzione con le conseguenti spese e sbattimenti derivanti. E qui la prima beffa: nella Riforma del Terzo Settore era infatti previsto che sarebbero stati predisposti degli Statuti tipizzati, degli Statuti cioè redatti a livello ministeriale con garanzia di conformità alle norme. Ma questo non è mai stato fatto, obbligando gli ETS a far da sé e magari a scoprire solo dopo aver compiuto il complesso iter di approvazione e registrazione del proprio nuovo Statuto che veniva comunque rigettato dagli uffici del RUNTS (i quali non svolgono un servizio di valutazione delle bozze).

Andiamo avanti: subito dopo lo scoglio dell’adeguamento statutario agli ETS si è chiesto di caricare sul portale del RUNTS tutta una serie di dati, informazioni e documenti. Operazione che doveva essere necessariamente svolta dal responsabile legale dell’ente il quale per poterlo fare doveva obbligatoriamente aver attivato il proprio SPID, la propria firma elettronica e saperli utilizzare. Ora, non è difficile capire che nella maggior parte dei casi stiamo parlando di persone nella Terza Età (forse qualcuno aveva fatto confusione col significato di Terzo Settore!) non proprio avvezze a questi strumenti informatici.

Si è sfiorato anche il disastro quando si è imposto che i documenti non dovessero essere salvati nel comune formato PDF ma nello speciale (e ai più sconosciuto) PDF/A il che a sua volta presuppone il possesso, l’installazione e la conoscenza d’uso di software dedicati. L’invio di questi dati e documenti, una volta scoperto come farlo, era semplice? Ovviamente no e in moltissimi casi (non ho dati ufficiali su questo ma, dal mio osservatorio, valuto almeno in un caso su due) l’invio di dati o documenti sbagliati ha portato a nuove comunicazioni di irregolarità e di minaccia di espulsione dal RUNTS, creando un ulteriore panico nei già provati responsabili legali degli ETS. Ad esempio in moltissimi casi la banale comunicazione del numero dei propri soci/volontari/lavoratori ha portato all’espulsione poiché gli ETS non avevano ancora compreso che vi sono, dopo la riforma, delle precise proporzioni che devono essere rispettate. Il vero incubo per moltissimi ETS si è generato nel 2023, continuando in questo 2024. Con l’avvio del RUNTS infatti è diventato necessario caricare annualmente anche i propri bilanci e qui si è rivelata la totale inadeguatezza sia degli ETS che dei professionisti che li seguono. Nella maggior parte dei casi (anche qui non abbiamo dati ufficiali ma stimerei un 90%) non avevano recepito che i Bilanci degli ETS dal 2021/2022 devono essere redatti secondo nuovi modelli ministeriali, con nuove regole, obblighi e variabili. Modelli di bilancio per cui la maggior parte dei più noti software di contabilità non sono stati aggiornati. Nel 2023/2024 si assiste quindi ad una nuova moltitudine di avvisi di espulsione dal RUNTS a tutti gli ETS che inconsapevolmente hanno redatto, approvato e caricato Bilanci non conformi ai modelli di legge, causando un sovraumano lavoro di adeguamento e riclassificazione degli stessi.

A fronte di tutto questo lavoro – e qui sta davvero la beffa – non è corrisposto alcun reale vantaggio per la maggior parte degli ETS. Innanzitutto non si è ancora avverata una delle promesse della Riforma del Terzo Settore: cioè che le Pubbliche Amministrazioni italiane introiettino che gli ETS iscritti al RUNTS debbano essere interlocutori privilegiati per la stipula di Convenzioni, per l’affidamento di servizi, per la gestione di immobili e strutture di ogni tipo. Nella realtà ad oggi la maggior parte delle PA continua a trattare, nei propri bandi e nella progettazione, gli enti del terzo settore nello stesso modo a prescindere che siano nel RUNTS o meno.

Non solo. Uno dei decreti attuativi mancanti, che rende la Riforma del Terzo Settore ancora gravemente incompiuta, è quello fiscale che dovrebbe andare a differenziare in modo importante e definitivo il trattamento degli ETS a seconda che appartengano al RUNTS o meno. La mancata emanazione di questo decreto è dato da almeno due fattori. Il primo che nella loro stesura originale gli articoli del trattamento fiscale nel D.Lgs 117/2017 appare di difficile – se non impossibile – comprensione e i suoi stessi estensori hanno ammesso su autorevoli quotidiani di settore che alcuni commi dei medesimi articoli di legge appaiono contraddittori gli uni con gli altri. Il secondo, ancora più importante, è che tale decreto attuativo per poter essere emanato deve essere prima approvato dalla Commissione europea… ora immaginate ad andare a tradurre e spiegare degli articoli di legge che anche nella loro lingua originale sono di difficile comprensione e contraddittori.

Ed infatti è dal 2019 che pubblicamente si racconta come tale approvazione sia lì lì per arrivare ma… dopo 5 anni siamo ancora in attesa.

Questa incertezza è ancor più evidente se si analizza la situazione delle ONLUS, le Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale. Per queste la Riforma del Terzo Settore prevede un iter ben preciso: l’abolizione della natura giuridica di “ONLUS” e l’obbligo di trasformazione, con la non segreta convinzione che avrebbero scelto in prevalenza di divenire ETS. Bene, continuano ad essere pochissime le Onlus che abbiano deciso di divenire ETS proprio perché si è radicata la convinzione che la trasformazione, anche vista l’incompiutezza della Riforma del Terzo Settore, sia estremamente peggiorativa.

Nonostante le difficoltà incontrate, resta la speranza che, con un dialogo costruttivo e un impegno continuo, si possa finalmente realizzare una riforma del Terzo Settore che sia davvero vantaggiosa per tutti.

A patto che questo sia un desiderio davvero condiviso, a partire dalla Politica.

*Autore del Libro La Riforma del Terzo Settore fa schifo”

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