La storia di un nostro assistito in “messa alla prova”: oggi è un punto di riferimento per gli adolescenti
Luigi ha sempre vissuto nelle periferie milanesi in contesti di marginalità e di sfilacciamento sociale. A seguito di una condanna penale ha potuto accedere alla misura della messa alla prova. Si tratta di una formula innovativa nel sistema giudiziario italiano che permette, nei casi di reati di minore allarme sociale, una sospensione del procedimento penale con lo svolgimento di una mansione sociale.
La messa in prova è uno strumento importante, che permette un reale recupero delle persone. I numeri sono significativi: nel 2021 in Italia, secondo il rapporto dell’Associazione Antigone, si è arrivati a 23.888 persone, dunque il 50% della totalità delle persone in misura alternativa.
Messa in prova, uno strumento in crescita
E la tendenza è quella di crescere ancora: nel 2014 erano appena 500 le persone a cui era stato sospeso il procedimento per messa alla prova, dopo quella data, l’entrata in vigore della riforma ha prodotto un deciso aumento che non ha subito flessioni, tranne che nel 2020, anno della pandemia. Il Covid-19 ha infatti prodotto un rallentamento anche dell’attività degli Uffici di Esecuzione penale esterna (che hanno il “governo” della messa alla prova, in termini di predisposizione dei programmi). Tale rallentamento ha congelato i numeri della messa alla prova che tuttavia sono tornati a crescere con il diminuire dell’emergenza pandemica (+13% dal 2020 al 2021).
Un dato interessante riguarda la suddivisione per genere delle persone messe alla prova: le donne sono 3.909, gli uomini 19.979. Percentualmente significa che le donne sono il 19,5% del totale. Il che conferma la tendenza di una maggior frequenza di accesso delle donne alle sanzioni di comunità, rispetto alla carcerazione. In carcere infatti, le donne non hanno mia superato il 5% del totale della popolazione detenuta. La situazione si “capovolge” se si analizza la nazionalità: le persone straniere in messa alla prova sono il 16% del totale, dunque circa la metà degli stranieri presenti in carcere.
Luigi, dalla messa alla prova alle palestre sociali
Luigi ha sempre avuto una grande passione: le arti da combattimento. E così ha utilizzato la sua messa alla prova mettendo in piedi delle palestre sociali che sono diventate un luogo di crescita e confronto per ragazzi fragili. Venuto in contatto con Il Melograno, si è scelto di valorizzare i suoi talenti e potenzialità e di lavorare sulle sue competenze di insegnamento delle arti da combattimento.
Un percorso generativo di inclusione e accettazione reciproca
Così Luigi è diventato un punto di riferimento per gli adolescenti maschi della nostra comunità, un esempio positivo. È un percorso generativo di inclusione e accettazione reciproca, riparativo del senso di colpa e di stigma, una testimonianza vivente di come sia possibile rialzarsi in momenti di difficoltà e ripartire dalla proprie competenze. Insieme alla passione condivisa con gli altri.
Tutti i sabati mattina Luigi e i suoi ragazzi si incontrano in questo laboratorio di arti da combattimento e reciproca conoscenza. Si parte dal presupposto che anche chi è utente piò diventare generatore di bellezza e di prassi positive. Il laboratorio sarà aperto in là con il tempo anche al territorio e al vicinato della comunità per promuovere la vita di quartiere e il superamento delle proposte di attività “per stigma”.