Intervista al Campione del Mondo ’82, che racconta della sua esperienza nella Unity Euro Cup
Per celebrare la Giornata Internazionale del Rifugiato, nel 2022, l’UEFA in collaborazione con UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) ha lanciato la Unity Euro Cup. La prima edizione si è disputata a Nyon, presso lo stadio di Colovray, con la partecipazione delle Federazioni di Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Malta, Repubblica d’Irlanda e Svizzera.
Le squadre sono composte da persone che hanno chiesto rifugio o asilo politico nei rispettivi paesi, e sono squadre miste con almeno tre donne. Un appuntamento fortemente voluto da UEFA anche in collaborazione con UNHCR per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei rifugiati. La Giornata mondiale del Rifugiato, dedicata alle persone in fuga dai propri paesi (che secondo l’ONU l’anno scorso erano almeno 114milioni) ricorre il 20 giugno, la Unity Cup invece si svolge in autunno. La prossima edizione, dopo quella dello scorso anno disputata a Francoforte, sarà in ottobre di nuvo a Nyon, in Svizzera.
Abbiamo intervistato l’ultimo Ambasciatore italiano della competizione, Marco Tardelli, campione del mondo nel 1982 e la cui esultanza dopo il gol del raddoppio nella finale contro la Germania a Madrid rimane come un’icona assoluta della storia del calcio.

«È stata un’esperienza bellissima – dice Marco Tardelli a Il Melograno – ho visto grande unione tra tutte le squadre, mi è piaciuto molto. Ci sono ragazzi che davvero sanno giocare al calcio, che sanno trattare la palla con qualità. Penso sia una iniziativa molto importante per dare un segnale di uguaglianza e di rispetto. Penso sia importante che la UEFA abbia dato vita a questa iniziativa perché troppo spesso ci dimentichiamo delle persone in fuga da guerre e carestie. Alzare i muri in Europa non ha senso, dobbiamo imparare a vivere tutti insieme».
«Il calcio può essere un motore importante di aggregazione e di integrazione – continua Tardelli – penso per esempio che sia sbagliato che i figli di genitori stranieri che entrano nelle società sportive debbano aspettare anni per poter partecipare a tornei interregionali o nazionali o addirittura internazionali. Tutti i ragazzi e tutte le ragazze devono avere gli stessi diritti e le stesse possibilità in partenza».
Intervistiamo Tardelli alla vigilia della prima partita degli Azzurri agli Europei in corso in Germania (che vede Tardelli in campo come opinionista Rai) e non possiamo non parlare di calcio giocato, in particolare del movimento calcistico italiano di oggi.
«È importante valorizzare i vivai, trovare nuovi talenti – commenta Tardelli – ci sono giovani che stanno emergendo ma abbiamo poco coraggio a buttarli dentro a 16/17 anni, al contrario di altre nazioni dove invece hanno più coraggio. Noi i giovani talenti li mettiamo nella primavera, in Germania, Spagna e Francia invece hanno più coraggio e rischiano di più e i talenti emergono prima, da noi si fa più fatica. In Italia poi abbiamo un problema di ruoli, manca una generazione di attaccanti, di centravanti, così come mancano anche i fantasisti puri, dei numeri 10 come invece abbiamo storicamente avuto. Il calcio è cresciuto in tutto il mondo, non ci sono più squadre materasso. Chi ha dei campioni ha qualcosa in più, guardiamo la Germania che è capace di sfornare sempre nuovi talenti che però hanno bisogno dell’aiuto dei ‘veterani’. Il segreto è innestare i giovani al momento giusto, e loro sanno farlo. Insomma, in Italia dobbiamo imparare ad aprirci di più alle novità, a credere di più nei giovani. Ecco perché è importante dare a tutti i ragazzi le stesse possibilità, anche a chi nasce da genitori stranieri».
