M’indigno, dunque sono

Ott 3, 2025 | Opinioni

Nella foto, la manifestazione del 3 ottobre a Milano

di Daniele De Luca

2 ottobre: i primi abbordaggi alla Flottilla iniziano verso le 19:25 ora italiana. Social, web, radio, si sintonizzano in diretta su quello che sta accadendo nelle acque internazionali davanti a Gaza. Parte immediato il tam tam. Nel giro di un’ora decine di migliaia di persone in tutta Italia si mobilitano, si auto-convocano, scendono per le strade, senza alcuna regia, spesso decidendo all’ultimo minuto cosa fare dove andare come esprimere la propria indignazione.

Perché quello che sta attraversando l’Italia è un fiume in piena, una tempesta di autentica di indignazione. Ed è per questo che il governo Meloni ne ha timore, criminalizzando chi vi partecipa. Erano decenni che in Italia non si vedeva qualcosa del genere.

La sera di mercoledì primo ottobre segna un passaggio importante. In piazza ci sono decine di migliaia di giovani, quelli che fino all’altro ieri “stanno tutto il giorno a rincoglionirsi sui telefoni cellulari”, quelli che non votano, quelli che sono apatici e disillusi. E non si tratta di un fenomeno metropolitano o urbano, non parliamo qui di avanguardie politicizzate. 

Basta leggere l’elenco delle città che, in nemmeno un’ora, dopo le 21 di sera di un mercoledì, decidono di protestare e di farlo insieme agli altri, fisicamente, “in presenza”. Roma, Milano, Firenze, Torino, Genova, Bologna, Bari, Lecce, Pisa, Modena, Sassari, Ravenna, Padova, Venezia, Trieste, Palermo, Forlì, La Spezia, Livorno, Napoli, Ancona. Anche ad Asti. Anche a Saronno. Ovunque. Come se una stessa scintilla fosse scoccata contemporaneamente in migliaia di case.

Venerdì 3 ottobre sciopero generale. Non un fiume, non un mare ma un oceano di gente ha invaso più di cento città. Cortei immensi (come a memoria non si vedevano da decenni) hanno invaso Milano, Roma, Bologna. Genova, Firenze, Napoli. 

Sono cortei determinati, decisi, incazzati. Sono manifestazioni di chi sa di essere nel giusto e sente dentro di sé il bisogno di esprimere la propria contrarietà, la necessità di “fare qualcosa per fermare il genocidio”. La Flottilla ha acceso la dignità di centinaia di migliaia di persone che hanno deciso di dire ‘no’. E se la stragrande maggioranza di italiani è critica nei confronti del governo israeliano c’è ormai una “massa critica”, imponente, che mette il proprio corpo contro l’ingiustizia.

È un movimento a tutti gli effetti politico. Lo sciopero generale del 3 ottobre che ha visto insieme lavoratori, studenti, professionisti, non è stata un’azione di rivendicazione. Non solo università, fabbriche, scuole, uffici pubblici. Gli ospedali che aderiscono a #DigiunoGaza e Sanitari per Gaza, sono arrivati a 225, dalla Valle d’Aosta alla Calabria alle Isole, e sono oltre 20 mila le adesioni alla campagna via modulo online del personale sanitario. In Lombardia, quasi 5mila sanitari registrati nel modulo di partecipazione e 36 ospedali coinvolti, in Toscana 2.267 sanitari e 23 ospedali, Sardegna con 1.955 adesioni e 15 ospedali, Puglia con 1.905 adesioni e 10 ospedali, Piemonte con 1.656 sanitari e 26 ospedali. È un gesto di affermazione etica e morale. Dunque, politica nella sua accezione più ampia (e migliore).

I partiti sono arrivati dopo. Anche i sindacati confederali. Perché la massa critica si muove, si è già mossa. Porti bloccati. Stazioni bloccate. Autostrade bloccate. “Blocchiamo tutto” è lo slogan. Fermare una macchina che in due anni non ha fatto nulla per impedire il massacro di un popolo – non basta certo la ridicola scusa del “date gli aiuti alimentari a Israele e loro li daranno ai palestinesi” quando il sistema di distribuzione del cibo, il famigerato GHF, è stato riconosciuto come un crimine di guerra. E non da Hamas, ma dalle Nazioni Unite.

Le famiglie a Gaza sono disperate e spesso, nei casi in cui nel nucleo familiare manchi un adulto sano, sono costretti a mandare i bambini a prendere il cibo nei punti di distribuzione, esponendoli al rischio di essere colpiti dalle forze israeliane. Ma a Gaza anche i bambini vengono colpiti e perdono la vita nel tentativo di raggiungere gli aiuti a cui hanno diritto. Altre famiglie ci raccontano di essere ormai troppo provate per riuscire a lottare per il cibo.

Davanti a tutto questo si frappone il proprio corpo contro la disumanità di governi che da 24 mesi lasciano che questo accada e hanno anche la faccia tosta di prendersela più con chi vuole aiutare un popolo sterminato, piuttosto che con chi li stermina.

Le persone hanno capito da che parte stare. Bloccare tutto. È giusto farlo.

“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle”.

(Sant’Agostino)

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