Nella foto, l’inaugurazione del parco giochi di Lampedusa intitolato a Maria, figlia di genitori migranti, la prima bambina nata sull’isola dopo 51 anni (Foto Facebook Filippo Mannino – Sindaco di Lampedusa e Linosa)
Stefania Campagna lavora da molti anni in ambito sociale e si occupa, nella sua qualità di coordinatrice, di progetti di inclusione pensati per persone provenienti da Paesi Terzi
Il 5 maggio 2024, a Lampedusa, è stata battezzata Maria, figlia di una coppia di migranti ivoriani arrivati in Italia con un barcone. Maria è nata a Lampedusa il 31 luglio 2021, poco dopo lo sbarco della mamma sull’isola, nell’ambulatorio del punto territoriale di emergenza, perché i tempi per essere trasferita all’ospedale a quel punto non c’erano più. L’infermiera Maria Raimondo ha seguito tutto il caso e ha fatto nascere la bimba, affezionandosi alla mamma che ha deciso di ricambiare chiamando la bambina proprio con il suo nome. Maria è la prima bambina nata a Lampedusa dopo 51 anni e ha ricevuto dal sindaco la cittadinanza onoraria, perché questa nascita rappresenta un simbolo di speranza, di vittoria e di riscatto, per tutti coloro che scelgono di cercare un futuro migliore e che troppo spesso non riescono nemmeno a vedere come sono disegnate quelle coste che tanto hanno desiderato. I lampedusani hanno partecipato numerosi alla cerimonia, commossi per una storia a lieto fine. Maria ha anche un parco giochi sull’isola a lei intitolato.
Storie di solidarietà e amicizia
Cosa ci insegna questa storia? Che spesso fanno parte del cosiddetto “non profit” molte più persone di quelle che ci lavorano; un aspetto importante, da raccontare e da proteggere. Mi viene in mente l’estate scorsa, quando l’équipe del SAI che coordino si preparava al parto di una ragazza accolta: eravamo presi dall’organizzazione dei giorni in ospedale, a spiegare alla ragazza quali cose dovesse preparare e quali fare dopo, insomma la normale amministrazione del nostro lavoro. Guardavo questa ragazza, giovane e sola in Italia, e mi è venuto in mente di scrivere al mio gruppo di amici se avessero qualche cosa da regalarle, giochi, vestiti o qualsiasi cosa potesse esserle utile all’interno di un centro di accoglienza. Un messaggio, una richiesta veloce “Ciao ragazzi fra un po’ in uno dei nostri centri nasce una bimba, avete per caso cose che non usate più? Ci servirebbe tutto”. Non mi sarei mai aspettata di vedere tutto quello che siamo riusciti a raccogliere in una settimana. Ciascuno di loro ha scritto ad altri e ha raccolto quello che aveva a casa; una coppia di amici che in quel momento aspettava una bambina ha comprato dei vestiti anche per la nascitura del SAI. La mia macchina è stata riempita due volte di giochi, biberon, pannolini, vestiti e ogni cosa potesse servire. La bambina, ancor prima di nascere, aveva già vestiti da indossare fino alla prima elementare. Come questa ci sono altre storie che in anni di lavoro ho visto, storie di solidarietà e di amicizia, di persone che offrono il loro aiuto senza volere niente in cambio. Ricordo un’altra storia: una signora incontrata nei nostri servizi che, durante la permanenza, aveva stretto amicizia con alcune volontarie della Caritas. Le stesse volontarie, anni dopo, la hanno aiutata quando si è trovata a dover affrontare una difficile malattia: ha potuto contare su di loro, l’hanno accompagnata a fare esami in ospedale, le hanno offerto empatia e sostegno emotivo proprio nel momento più delicato. Tutto questo porta a riflettere: il lavoro nel sociale regala molto di più di ciò che si pensa, al netto delle critiche, spesso fuori luogo, provenienti un po’ da tutte le parti. Cosa c’è però dietro a tutto questo?
Volontariato in calo, solo il 10% nell’assistenza sociale
Gli ultimi dati Istat pubblicati l’anno scorso fotografano la situazione del volontariato nel 2021 ed evidenziano un calo rispetto a quanto studiato nel 2015; addirittura il –15,7%, con la presenza maggiore nelle aree del Nord che vedono circa 790 volontari su ogni 10 mila abitanti contro i 492 del Sud. Le istituzioni no profit che operano grazie ai volontari si occupano principalmente di attività culturali e artistiche, sportive, ricreative e di socializzazione. L’assistenza sociale è invece solo al 10% del totale per quello che riguarda i volontari. L’85% delle istituzioni sono associazioni e il 4,1% sono cooperative sociali. Sappiamo che il volontariato è una fonte di aiuto e supporto importantissima per molte realtà che riescono a organizzare i servizi grazie all’aiuto di volontari, i quali mettono a disposizione tempo e competenze. Io stessa ho iniziato questo lavoro da volontaria, per accorgermi in un secondo momento che sarebbe diventato il mio futuro professionale.
Le reti di solidarietà e gli anticorpi contro l’individualismo
Oltre i dati ISTAT, andranno poi considerate le reti di solidarietà, composte da gruppi di persone che si attivano per aiutarne altre in determinate situazioni. Chi, come me, opera nel Terzo Settore, si attiva per promuovere anche reti di vicinato, per costruire contesti accoglienti per le persone seguite. E i risultati non mancano e ti fanno scoprire – ogni volta con stupita gioia – che la società in cui viviamo ha ancora in sé anticorpi rispetto all’individualismo imperante. Sappiamo ancora “avere il cuore in mano”, andare incontro all’altro, far prevalere la voglia di conoscere alla diffidenza.
L’impatto del Terzo Settore
Il Terzo Settore è portatore di un patrimonio di storie da valorizzare e, in un certo senso, da riscoprire. Il nostro lavoro impatta sulla società e gli effetti dei progetti riusciti sono di fronte a noi, negli occhi di una persona che salutiamo e che, anche grazie al pezzo di strada compiuto con la Cooperativa, trova la forza per diventare autonoma e autodeterminarsi: è vero che non salviamo vite, ma spesso abbiamo la possibilità di renderle migliori. La Cooperazione sociale, poi, porta ancora un altro pezzetto, ossia promuove il diritto al lavoro, mettendo al centro proprio la dimensione della prossimità, dell’altro, del rendere cittadini indipendenti chi, per una qualsivoglia ragione, si è attardato, ha perso un giro, non riesce a performare in una società che troppo corre e che spesso si scorda gli ultimi. Noi li aspettiamo ed è impagabile la soddisfazione che proviamo.