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Quando e perché un bambino viene dato in affido

Set 10, 2025 | Famiglia, Minori

L’affido familiare è uno strumento di protezione dell’infanzia che ha l’obiettivo di garantire a un minore un ambiente sicuro, stabile e accogliente in situazioni di temporanea difficoltà familiare. Ma quando un bambino viene dato in affido? E perché succede? In questo articolo rispondiamo in modo chiaro a queste domande, facendo luce sulle cause più comuni, le modalità dell’affido e i criteri decisionali dei servizi sociali.

Cos’è l’affido familiare

L’affido familiare è una misura temporanea disposta dai servizi sociali, spesso convalidata dal tribunale per i minorenni, che consente a un bambino di essere accolto da una famiglia diversa da quella d’origine. L’obiettivo non è interrompere il legame con i genitori biologici, ma tutelare il benessere del minore in un periodo delicato della sua vita.

Differenza tra affido e adozione: l’adozione è definitiva e comporta la cessazione del legame giuridico con la famiglia d’origine; l’affido è temporaneo e volto al rientro del bambino nella famiglia biologica, se e quando possibile. Approfondisci l’argomento nel nostro articolo (link).

Un bambino viene affidato a un’altra famiglia quando il contesto familiare d’origine, per diverse ragioni, non riesce a garantire le condizioni necessarie alla sua crescita serena e sicura. L’affido familiare è quindi una misura temporanea di tutela, che interviene in situazioni complesse per proteggere il benessere psicofisico del minore, senza interrompere — se possibile — il legame con la famiglia naturale.

Le cause dell’affido

Le cause che portano all’attivazione dell’affido sono molteplici e, nella maggior parte dei casi, si tratta di situazioni delicate, spesso temporanee, che richiedono un intervento di supporto e non di giudizio.

Situazioni di forte disagio all’interno del nucleo familiare

In alcune circostanze, il bambino può trovarsi in un ambiente che non garantisce un’adeguata protezione, a causa di:

    • trascuratezza o incuria prolungata, che compromettono la salute o lo sviluppo del minore;
    • conflitti familiari gravi o violenza domestica, che rendono l’ambiente instabile o pericoloso;
    • maltrattamenti fisici o psicologici, anche non intenzionali ma ripetuti nel tempo;
    • situazioni di dipendenza da sostanze (alcol, droghe o farmaci) che impediscono ai genitori di esercitare in modo efficace il proprio ruolo educativo e affettivo.

Queste condizioni, laddove accertate dai servizi sociali o dal tribunale per i minorenni, possono rendere necessario un allontanamento temporaneo per garantire al bambino uno spazio sicuro e protetto.

Difficoltà socio-economiche e condizioni di fragilità

In altri casi, l’affido può essere legato a problemi oggettivi di natura economica o sociale, che non implicano colpe ma necessità di aiuto: 

    • gravi difficoltà economiche, che compromettono la possibilità di offrire cure adeguate;
    • abitazioni inadeguate, sovraffollate o prive dei requisiti igienico-sanitari minimi;
    • impossibilità temporanea di accudire i figli, ad esempio a causa di malattie invalidanti, ricoveri ospedalieri prolungati, o situazioni di detenzione.

In questi scenari, l’affido può rappresentare una risorsa concreta di sostegno alla genitorialità, utile a prevenire conseguenze più gravi e a favorire un successivo reinserimento del minore nella propria famiglia.

Assenza di una rete familiare di supporto

Alcuni bambini si trovano privi di una figura adulta stabile su cui contare, per motivi come:

    • genitori soli, privi di supporto familiare, affetti da disagio psicologico o sociale;
    • minori stranieri non accompagnati, arrivati in Italia senza figure di riferimento.

In questi casi, l’affido rappresenta uno strumento fondamentale di accoglienza e inclusione, che consente al minore di trovare un ambiente protetto in cui svilupparsi, anche sul piano relazionale e culturale.

Chi decide quando un bambino deve essere dato in affido

La decisione di attivare un affido familiare viene generalmente presa attraverso una collaborazione tra i servizi sociali territoriali e il Tribunale per i Minorenni, sulla base di una valutazione approfondita della situazione del minore e del suo nucleo familiare.

Il procedimento può seguire due principali modalità:

    • Affido consensuale: si attiva su richiesta volontaria dei genitori, che riconoscono di attraversare un periodo di difficoltà e scelgono consapevolmente di affidare temporaneamente il proprio figlio a un’altra famiglia, nell’interesse del minore. In questo caso, l’affido è formalizzato con il consenso di tutte le parti coinvolte, inclusi i servizi sociali e il tribunale.
    • Affido giudiziale: viene disposto dal giudice, in seguito a segnalazioni dei servizi sociali, quando emergono situazioni di rischio, trascuratezza o pericolo concreto per il bambino. In questi casi, il provvedimento ha un carattere più urgente e vincolante, volto a garantire la tutela immediata del minore.

In entrambe le modalità, l’affido è un percorso strutturato e monitorato da una rete di professionisti (assistenti sociali, psicologi, educatori) con l’obiettivo primario di accompagnare il bambino in un ambiente protetto, mantenendo il più possibile i legami con la famiglia d’origine. L’obiettivo finale, ove possibile, resta sempre la ricomposizione del nucleo familiare, qualora vengano meno le condizioni che avevano reso necessario l’allontanamento.

Il ruolo delle famiglie affidatarie

Le famiglie affidatarie svolgono un compito delicato e fondamentale: offrono amore, stabilità e un punto di riferimento temporaneo. Non sostituiscono la famiglia d’origine, ma diventano un ponte tra il disagio e una nuova possibilità di crescita.

Un bambino viene dato in affido quando la sua sicurezza o il suo sviluppo sono a rischio, anche in modo temporaneo. L’affido rappresenta una risposta concreta e umana a queste situazioni, mettendo al centro il benessere del minore. Conoscere le cause, le modalità e gli obiettivi dell’affido è il primo passo per comprendere e, se si è interessati, diventare parte attiva di questo importante progetto sociale.

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Domande frequenti sull'affido

Quanto dura l’affido familiare?

In linea generale, l’affido familiare ha una durata massima di 24 mesi, prorogabili solo in circostanze particolari. Tuttavia, la durata effettiva può variare in base a diversi fattori, come il percorso di recupero della famiglia d’origine, le condizioni del minore e le valutazioni periodiche dei servizi sociali.
Approfondisci l’argomento nel nostro articolo dedicato: Quanto dura l’affido? Tempi, proroghe e percorsi possibili

Cosa succede dopo la fine dell’affido?

Terminato il periodo di affido, l’obiettivo principale resta sempre il rientro del bambino nella famiglia d’origine, se le condizioni lo consentono. Durante tutto il percorso, i servizi sociali monitorano e supportano sia il minore che le famiglie coinvolte.
Nel caso in cui non sia possibile il reinserimento, si valutano soluzioni alternative a lungo termine, come l’affido sine die o, in alcune situazioni specifiche, l’adozione.

Scopri tutte le possibilità dopo l’affido nel nostro approfondimento: Quanto dura l’affido? Tempi, proroghe e percorsi possibili

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