Notizie 

Quando un miliardario decide di attaccare la Costituzione

Nov 13, 2024 | Migranti

Musk contro i giudici, Sulla legittimità della deportazione dei migranti in Albania si gioca una fetta importante della nostra democrazia

L’ultimo in ordine di tempo è Elon Musk. “Questi giudici devono andarsene”. Dopo il sostegno pubblico dato a Salvini nel giorno in cui per il ministro era stata chiesta una condanna nel processo Open Arms, il miliardario statunitense paladino del trumpismo nel mondo è intervenuto “X” per attaccare i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma, che hanno annullato i trattenimenti dei sette migranti trasferiti in Albania, rinviando alla Corte di giustizia europea per chiarimenti sulla corretta interpretazione delle direttive.

Raramente si è assistito un simile attacco alla magistratura e quindi a uno dei cardini della nostra Costituzione, ovvero l’indipendenza della Giustizia dall’esecutivo politico. I giudici Marco Gattuso e Silvia Albano, entrambi attaccati sul piano personale per provvedimenti giudiziali assunti e non graditi all’attuale governo (senza che nessuno dei politici intervenuti si sia preso la briga di confrontarsi con il merito giuridico di quei provvedimenti) sono ora sotto scorta. Casi rarissimi: le scorte vengono assegnate in contesti legati alla criminalità mafiosa o organizzata. Qui no. Sono sotto scorta per effetto della campagna ostile portata avanti nei loro confronti per l’attività professionale svolta nel campo del diritto d’asilo.

Il popolo sovrano

Magistrati accusati di “fare politica” e di osteggiare  il governo, evocando il rispetto della volontà del popolo. Ma, come scrisse Norberto Bobbio, “sarebbe più corretto parlare, quando ci riferiamo a una democrazia, di sovranità dei cittadini che di sovranità popolare. “Popolo” è un concetto ambiguo, di cui si sono servite anche tutte le dittature moderne” (N. Bobbio, L’età dei diritti).

Parliamo invece dello specifico delle leggi in questione, quelle che troppi ministri fingono di non voler conoscere o, peggio, di piegare alla propria volontà. Potrà sembrare strano a qualcuno, ma un cittadino del Bangladesh o del Mali ha gli stessi diritti umani di un italiano o uno spagnolo. E dunque se esiste una legislazione europea per le questioni legate all’immigrazione, al diritto d’asilo o di ricorso, queste superano le legislazioni nazionali e vanno rispettate. Questo se si è parte dell’Unione Europea. Altrimenti si sceglie di uscirne. Ma se ne fai parte, rispetti le leggi dell’Unione e il diritto europeo.

“Paesi sicuri”

Ormai da quattro anni l’Italia ha introdotto la lista dei paesi sicuri ai fini della valutazione della domanda di asilo. La lista ha subito due modifiche, di cui l’ultima a maggio del 2024 che comprendeva 22 paesi, tra i quali Tunisia, Egitto, Nigeria, Costa d’Avorio, Colombia e Bangladesh. Da tale designazione discende un sostanziale svuotamento del diritto di asilo, in quanto si presume che il paese in questione sia sicuro per i suoi cittadini con conseguente inversione dell’onere della prova in capo alla persona richiedente asilo, che dovrà dimostrare il contrario per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale.

La qualifica di paese di origine sicuro determina inoltre la diminuzione di garanzie procedurali, quali l’applicazione di procedure accelerate per l’esame della domanda di asilo e, in caso di rigetto della stessa, la possibilità di essere allontanati dal territorio nazionale in pendenza del ricorso all’autorità giurisdizionale. Il 4 ottobre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fortemente depotenziato l’impatto dell’adozione di tali liste: ha infatti chiarito che, per la designazione di paese sicuro, è necessario che la situazione di sicurezza sia diffusa in tutto il paese, senza eccezioni di porzioni di territorio o di determinate categorie di persone dalla presunzione di sicurezza. Ai sensi dell’Allegato I alla direttiva 2013/32/UE, affinché un paese possa considerarsi sicuro, occorre dimostrare che “non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definite nell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”. Da ciò discende che la maggior parte dei paesi che si trovavano sulla lista adottata dal governo italiano non possano essere considerati sicuri.

In attuazione della sentenza europea, il 18 ottobre 2024, il Tribunale civile di Roma ha ordinato la liberazione e il trasferimento in Italia dei primi 12 richiedenti asilo, cittadini di Egitto e Bangladesh, detenuti in Albania, negando la convalida del loro trattenimento proprio perché tali Paesi non possono essere ritenuti sicuri in virtù del diritto dell’UE. Il 23 ottobre il Governo ha approvato il decreto legge 158/2024, contenente la nuova lista dei paesi considerati sicuri, che probabilmente confluirà nel decreto avente ad oggetto i flussi di ingresso per lavoro in Italia. Nonostante l’eliminazione di tre paesi per i quali il Ministero degli Esteri aveva previsto eccezioni di sicurezza territoriale, la lista conferma la designazione di paesi come Tunisia, Bangladesh, Egitto, Costa d’Avorio e Perù. Per questi paesi, le stesse schede ministeriali avevano segnalato eccezioni per alcune categorie di persone, quali la comunità LGBTIQ+ e i difensori dei diritti umani, evidenziando la sistematica violazione dei diritti fondamentali.

Già a luglio 2024, un gruppo di 16 associazioni della società civile aveva impugnato dinanzi al TAR Lazio la lista dei “Paesi sicuri” approvata il 7 maggio 2024, denunciando le gravi limitazioni che essa impone al diritto di asilo e criticando il processo di designazione dei paesi inclusi. L’approvazione della nuova lista non risolve le criticità contestate, ma anzi le amplifica. I paesi con eccezioni per ampie categorie di persone rimangono inclusi e non è chiaro quali fonti e criteri istruttori siano stati utilizzati per aggiornare la lista.

Le criticità evidenziate hanno spinto il Tribunale di Bologna a interrogare nuovamente la Corte di Giustizia sulla correttezza del procedimento adottato per definire la lista di Paesi considerati sicuri e il Tribunale di Catania a disapplicare il decreto legge 158/2024 invalidando il trattenimento di una persona sottoposta all’esame accelerato della domanda d’asilo in quanto proveniente da “Paese sicuro”.

I 19 Paesi inclusi nella lista non sono sicuri o quantomeno non lo sono per tutti i cittadini. La loro inclusione comporta per le persone provenienti da tali Paesi e in cerca di protezione perché già vittime di tratta, violenza di genere o persecuzione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere un’ulteriore grave violazione, che si concretizza nel mancato accesso all’esercizio di un diritto fondamentale quale è il diritto di asilo o, nella peggiore delle ipotesi, nella privazione della loro libertà personale e nel trasferimento in un Paese terzo prima ancora di potere rivendicare tale diritto.

Fonte: ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione

Articoli correlati

Scopri tutti i nostri servizi e progetti

Il Melograno è anche Formazione