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«Questo mondo deve imparare a ballare e smettere di sparare»

Giu 18, 2024 | Appuntamenti, In evidenza, Migranti

Intervista con Chris Obehi, il cantautore nigeriano che si esibirà sabato 22 a Locate Triulzi

La storia di Chris Obehi assomiglia a quelle di migliaia di altri ragazzi (e ragazze) del continente africano, percorsi raccontati da Garrone in ‘Io Capitano’, storie tragiche che troppo spesso finiscono sotto al mare. Chris Obehi – che si esibirà sabato 22 giugno a Locate Triulzi in una festa-concerto organizzata da Il Melograno – lasciò il proprio Paese nel 2015, a soli 17 anni, distaccandosi dalla propria terra, dai propri cari, dalle proprie radici e raggiungendo, dopo numerose vicissitudini, Lampedusa. Da lì un percorso in salita, alleviando tutto ciò che un giovane ragazzo come lui aveva vissuto in prima persona.

«Quando arrivai a Lampedusa avevo solamente 17 anni. Da lì giunsi poi a Messina, luogo in cui incontrai un coro e lì suonai il pianoforte incominciando a muovere i primi passi. Non è stato facile. Ho vissuto quattro mesi in Libia. Sì, il film “Io Capitano” racconta bene il viaggio che tanti fanno, ma è anche peggio di quello che si vede nel film. Ho visto cose terribili. Ho visto persone uccise, persone cui hanno sparato, donne violentate».

Come è stato l’incontro con l’Italia?

«I primi tempi in Italia è stato difficile. La lingua, la cultura, un altro mondo dal mio, completamente diverso. Ma ho preso coraggio, ho studiato, mi sono impegnato, sono entrato al Conservatorio e ho preso anche un diploma in turismo. Ci vuole tanta pazienza, tanta passione, tanto coraggio».

Quanto ha contato la musica?

«La musica, per me, è la vita. La musica mi ha salvato la vita. Con la musica sono riuscito a superare le difficoltà, a ricominciare ogni volta da capo. Uno dei miei riferimenti è sempre stato Fela Kuti, l’afro-beat, oltre a Bob Marley».

L’Italia è un paese razzista?

«Domanda difficile. Non posso dire che sia un paese interamente razzista ma in ogni paese dove vai trovi razzisti. Vedo anche come vengono trattati i siciliani vanno al nord, anche loro a volte vivono situazioni differenti. Quando sono arrivato qui sentivo sulla mia pelle la diversità, la paura della gente davanti a me che ero diverso, il fatto che tanti pensino che i ragazzi che arrivano dall’Africa arrivino per rubare o per fare  del male. Non è così, siamo come tutti, ma il “diverso” fa sempre paura. Per questo la musica può avvicinare le persone. In Italia sta diventando più difficile per chi viene dall’Africa, ma sta diventando un paese più difficile anche per gli italiani. L’Italia è un paese meraviglioso, purtroppo c’è ancora ignoranza. Ecco perché la musica è così importante. La musica ti avvicina. Come ho scritto in una canzone, bisognerebbe che questo mondo imparasse a ballare, invece che fare la guerra e sparare».

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