Referendum sulla cittadinanza: il diritto alla dignità

Gen 24, 2025 | Opinioni

Daniele De Luca, giornalista professionista, milanista. Dopo una lunga esperienza a Radio Popolare Milano, AGR, CNRMedia e altre collaborazioni da alcuni anni si occupa principalmente di comunicazione istituzionale e ufficio stampa. 


Milano, anagrafe di via Larga, Stanza 146.

«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, riconoscendo la pari dignità sociale di tutte le persone». mUn signore originario del Bangladesh ha appena formulato il giuramento. È cittadino italiano da pochi minuti. È in Italia da 25 anni, lavora regolarmente da 20. Ha gli occhi che luccicano. 

La stanza dove ha appena giurato è il classico ufficio pubblico: pareti disadorne, vicino alla scrivania dell’impiegato qualche disegno infantile, un raccoglitore sgangherato su un lato del tavolo, uno scotch, un computer non proprio di ultima generazione, una sedia come quelle che c’erano nelle aule di scuola anni fa con lo schienale in legno e le gambe di ferro. Fuori aspettano il nuovo cittadino italiano la moglie e due adolescenti. Una, la figlia, è piccolina, avrà nemmeno cinque anni. Il figlio invece è un ragazzino dall’aria sveglia, grandi occhi marroni, splendido sorriso, una luce dentro di voglia, di allegria, di riscatto. Sono tutti vestiti eleganti, come a un giorno di festa, come i nostri nonni quando andavano a messa o dal Dottore, ci si ‘veste bene’.

Chiedo al ragazzino se ha saltato la scuola apposta per vedere suo papà diventare cittadino italiano. “Sì, faccio la seconda media ma oggi volevamo essere tutti qui”.

“Cosa vuoi fare da grande” chiedo. “L’architetto o l’ingegnere” risponde.

“Quindi anche tu da oggi sei italiano?” “No, sono nato in Bangladesh. Devo aspettare ancora cinque anni”. 

“Ti sembra giusto?”. “No, non mi sembra giusto. Non siamo tutti uguali a scuola”

Ogni settimana passano da quella stanza dell’anagrafe 300/400 persone per prestare il giuramento. Una ‘cerimonia’ letta stancamente dall’impiegato di turno. Per loro, una svolta attesa da 15, 20, 25 anni. Un terzo della loro vita lo hanno passato lavorando in Italia in attesa di questo momento, il momento in cui sono cittadini come tutti gli altri.

La legge Bossi-Fini è vecchia di 30 anni, era già vecchia quando è nata, oggi sembra medievale. Abbattere il tempo di attesa necessario per diventare cittadino italiano è un gesto di civiltà, anzi è prima ancora una necessità etica e morale. Così come è solo pura violenza obbligare ragazzi che vanno a scuola con altri bambini e bambine italiane fin dall’asilo ad aspettare il diciottesimo anno di età per diventare italiani. Andate a vedere le loro facce quando sono lì, pronti per giurare. Gli occhi ridono. Hanno vinto. Ma quanto hanno aspettato, quanto hanno dovuto sopportare, quanti contratti in nero, quanta fatica, quante umiliazioni.

Sulla riforma della cittadinanza nei palazzi della politica il discorso non è chiuso. Sono 18 i testi depositati come proposte di riforma sul tema in Parlamento (13 alla Camera, 5 al Senato) ma la discussione non è mai iniziata. Ma adesso la Corte Costituzionale ha dato il via libera al referendum. Ora la battaglia è arrivare al quorum, visto che il quesito sull’autonomia è stato tolto. La riforma della Cittadinanza è urgente, è necessaria, è giusta. 

«È un traguardo storico, frutto del nostro impegno e siamo felici e orgogliosi per questo risultato». Chi parla è Noura Ghazoui, responsabile della “Rete Conngi”, nata dalla decisione delle nuove generazioni di mettersi insieme, al di là delle appartenenze e degli steccati. Questa sigla raccoglie ormai 45 associazioni, e insieme ad altri network, come “Italiani senza cittadinanza” e “Idem Network”, rappresenta il mondo dei “nuovi italiani”. «Ora dovremo elaborare una campagna comunicativa all’altezza. Vorremmo dire innanzitutto che il cambiamento che chiediamo non è solo per noi, ma per tutto il Paese. Racconteremo le nostre storie, certo, e punteremo su una presa di coscienza generale».

Portare alle urne milioni di persone in tempi di astensionismo imperante è un obiettivo importante, per molti irraggiungibile. I promotori sperano di replicare, in grande, il grande battage mediatico che ha portato in pochi giorni a settembre a sfondare quota 670mila firme (anche online): allora si impegnarono influencer, testimonial, cantanti da Ghali a Zerocalcare. «Insisteremo ancora su di loro, ci focalizzeremo tanto sul tam tam, via social e saremo poi nelle piazze con i gazebo. La politica? Speriamo si mobiliti con noi».

Noi ci impegneremo, allargheremo le nostre reti, ci metteremo la faccia. Noi chiediamo che la legge sia abrogata, noi stiamo con i ragazzi e le ragazze di seconda generazione, noi stiamo con i diritti. Noi andremo a votare per cambiare il diritto di cittadinanza in Italia.

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