San Siro prega per noi

Lug 18, 2025 | Opinioni


Daniele De Luca, giornalista professionista, milanista. Dopo una lunga esperienza a Radio Popolare Milano, AGR, CNRMedia e altre collaborazioni da alcuni anni si occupa principalmente di comunicazione istituzionale e ufficio stampa. 


La bufera giudiziaria (e politica) sull’urbanistica milanese fermerà l’abbattimento dello stadio Meazza? 

E adesso che ne sarà dello stadio San Siro? È la madre di tutte le domande in questi complicatissimi giorni per la giunta comunale di Milano investita dalla bufera giudiziaria (e politica) sull’urbanistica. I tempi per le prossime decisioni sono strettissimi. Il sindaco Giuseppe Sala, appena prima del ciclone, aveva illustrato ai capigruppo della maggioranza di centrosinistra a Palazzo Marino la road map degli atti comunali per la cessione dello stadio Meazza e dell’area limitrofa a Milan e Inter. Primo passaggio: il sì delle giunta comunale all’accordo con i club al massimo entro lunedì 21 luglio. Poi, entro la prossima settimana, una o due sedute della commissione consiliare Rigenerazione Urbana-Sport-Bilancio sulla delibera di Giunta.

“Il voto della delibera in consiglio comunale? Sarebbe meglio entro il 31 luglio, ma dipende se riusciremo a chiudere l’accordo. Ma confermo la volontà di passare dal Consiglio comunale”, affermava Sala, prima della richiesta degli arresti domiciliari per l’assessore Tancredi. Intanto il Consiglio comunale deve però approvare l’assestamento di bilancio delle casse comunali, entro il 31 luglio. E sempre per quella data, pare, deve arrivare la decisione sulla vendita dell’impianto alle due società. 

Ma con quello che è successo negli ultimi giorni, che succede? 

La discussione in Consiglio comunale potrebbe slittare a settembre, senza compromettere l’accordo tra giunta e club. Ma anche qui i tempi sono stretti. Il vincolo sul secondo anello potrebbe scattare infatti il prossimo 10 novembre. Per la Sovrintendenza, diversi sono gli elementi d’interesse del secondo anello: anzitutto i 132 portali che sostengono gradinate e rampe d’accesso, poi le scale avvolgenti firmate da Calzolari e Ronca, che trasformano il muro esterno in un luogo vissuto dalla folla che sale verso gli ingressi per poter assistere poi alla partita. Folla ben visibile dall’esterno. Una specie di ‘unicum’ per gli stadi.

E infine, la Sovrintendenza ha sottolineato che è col secondo anello che si è compiuta, per il Meazza, l’immagine di un vero e proprio stadio, che alle origini non aveva. Un’immagine ancora perfettamente visibile (e quindi distintiva) nonostante l’aggiunta, nel 1990, del terzo anello e della copertura. Da novembre l’impianto finirebbe automaticamente nell’elenco dei beni artistici, addio a ogni ipotesi di abbattimento

Le tappe della vicenda

Le tappe di questa vicenda, che sta diventando davvero troppo ingombrante visto quello che sta emergendo nella gestione dell’urbanistica cittadina, sono tante e alcune davvero imbarazzanti. 

Nel 2019 Milan e Inter propongono un nuovo stadio da costruire accanto al Meazza, con la demolizione totale dell’attuale struttura. Obiettivo: avere uno stadio moderno e multifunzionale, in linea con gli standard europei, che aumenti i ricavi. Le squadre presentano due progetti architettonici: uno firmato da Populous (“La Cattedrale”) e uno da Manica + Sportium.

Il progetto originario includeva anche una cittadella sportiva e commerciale, con negozi, hotel e verde pubblico. Il costo stimato era di oltre 1,2 miliardi di euro. Nel 2023, la Soprintendenza dichiara che il secondo anello di San Siro (costruito nel 1955) ha valore culturale e non può essere demolito prima del 2030. Milan e Inter iniziano allora a valutare progetti alternativi in aree diverse, San Donato e Rozzano. Il Milan addirittura ha già comprato per 40 milioni un’area di 180mila mq a San Donato. Di sicuro nulla potrà accadere prima del febbraio 2026, perché proprio San Siro ospiterà la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina. 

E dunque? 

Il buonsenso suggerirebbe di fermare tutto e ripensare al progetto nel suo insieme (ovvero la riqualificazione di tutta l’area che va dal futuro Lido di Milano – altra questione spinosa – fino allo stadio passando per l’Ippodromo) e ad una “visione” di quel pezzo di città. 

È davvero difficile oggi, infatti, riuscire a giustificare il fatto che sia meglio abbattere un’icona di Milano nel mondo per ricostruire al suo posto un nuovo stadio per entrambe le squadre. Possibile che ristrutturarlo sia davvero così economicamente sconveniente? E davvero non sarebbe possibile affiancare un secondo impianto a un Mezza “rivisto”? Una cosa è certa: decidere oggi di svendere lo stadio sembrerebbe uno schiaffo ai milanesi. 

Secondo la tradizione Siro era il ragazzo che portò le ceste di pani e di pesci che poi Gesù moltiplicò. Oggi la cessione dello stadio a dei privati sembrerebbe, più che un miracolo moltiplicatorio di profitti, un vero e proprio regalo. 

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