
Daniele De Luca, giornalista professionista, milanista. Dopo una lunga esperienza a Radio Popolare Milano, AGR, CNRMedia e altre collaborazioni da alcuni anni si occupa principalmente di comunicazione istituzionale e ufficio stampa.
L’abbattimento dell’impianto di San Siro è la resa definitiva dell’interesse pubblico davanti a quello privato
C’è una domanda che frulla nella testa di tanti milanesi: “ma perché lo stadio di San Siro non può essere ristrutturato come hanno fatto in tante altre città del mondo, da Madrid a Buenos Aires?”. La risposta sembra essere quella più desolante: perché a Inter e Milan conviene di più la speculazione edilizia su tutta l’area di San Siro. Il resto sono balle.
Il tempo degli stadi di proprietà pubblica è finito, ennesimo tassello di una privatizzazione graduale e inarrestabile di ogni ambito di vita: dalla salute allo sport, tutto sta diventando privato. E la vicenda del Meazza non fa che confermare l’andazzo.
Quello che sembra ancora più incredibile è come stia andando a finire una storia che va avanti dal 2019 e su cui la Procura di Milano ha aperto un fascicolo conoscitivo, al momento senza ipotesi di reato né indagati, sulla vendita ai due club da parte del Comune dello stadio Meazza e delle aree circostanti, il cui prezzo è stato fissato a 197 milioni di euro. Di questi, quasi 73 milioni riguardano lo stadio stesso, secondo la valutazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate su richiesta del Comune di Milano lo scorso autunno e resa nota a novembre 2024.
Una cifra che ora è sotto la lente della Procura per verificarne se ci siano o meno danni per le casse pubbliche e monitorare l’imminente bando. Non è escluso poi che in un secondo momento anche la Corte dei Conti possa aprire un fascicolo su eventuali danni erariali, dato che Luigi Corbani, già vicesindaco di Milano e ora promotore del Comitato Sì Meazza per salvare San Siro, dopo aver presentato un esposto in Procura a febbraio, ne presenterà un altro alla Corte dei Conti.

Di chiaro in tutta questa storia c’è poco, se non appunto l’appetito insaziabile delle due proprietà di Inter e Milan, proprietà su cui è bene riflettere. Sia l’Inter che il Milan sono in mano a dei fondi speculativi che nei prossimi due anni avranno due scadenze finanziarie fondamentali. L’ingresso di Oaktree nell’Inter ha avuto un impatto notevole anche sui piani del patron del Milan Gerry Cardinale. Visto che proprio grazie al cambio di proprietà in casa nerazzurra il businessman newyorchese è potuto tornare a pensare a un impianto congiunto. Infatti, non è un mistero che Cardinale abbia una necessità quasi vitale di costruire un nuovo impianto se, nel medio termine, pensa di uscire con un guadagno dall’investimento Milan. Questo perché solo con il nuovo stadio la società potrà valere molto di più e quindi consentire all’ex banker di incassare una somma tanto superiore a quella investita da superare non solo il capitale versato, ma anche il valore monetario del tempo nel quale i soldi sono stati immobilizzati.
È evidente che per il Cardinale, che ha in essere un prestito da poco meno di 500 milioni nei confronti del fondo Elliott (la cui scadenza è stata allungata da poco al 2028) l’eventualità di costruire uno stadio da solo avrebbe significato un appesantimento notevole del proprio investimento, soprattutto nell’ottica di poterlo ripagare nel medio termine. E quindi l’ingresso di Oaktree in casa nerazzurra ha dato lui l’opportunità di avere una controparte solida con la quale suddividere responsabilità e costi. Dunque, sia per Oaktree che per RedBird la costruzione del nuovo impianto è fondamentale nell’ottica di rivendere un giorno le squadre, con lo stadio nuovo e un’intera area di nuove costruzioni, per realizzare profitto.
La scorsa settimana, la giunta milanese ha approvato una delibera d’indirizzo per avviare la conferenza dei servizi e un bando pubblico per verificare l’eventuale interesse di altri acquirenti alle stesse condizioni offerte da Milan e Inter. Tra le condizioni, spicca uno “sconto” di almeno 80 milioni di euro per le opere di bonifica e demolizione dello stadio, previsto dalla cosiddetta “legge stadi”. Un dettaglio che non era sfuggito ai consiglieri di maggioranza contrari a demolire San Siro. “I cittadini milanesi, oltre a vedere cancellate le entrate nelle casse comunali, generate da partite e concerti, dovrebbero accollarsi i costi di demolizione e bonifica del Meazza”, aveva commentato Enrico Fedrighini, consigliere del gruppo misto. E, secondo Francesca Cucchiara e Tommaso Gorini, consiglieri di Europa Verde, è preoccupante “il fatto che il Comune acconsenta a scontare i costi di bonifica dell’area, e quindi a farsi carico di un onere che le squadre evidentemente non riescono a sostenere”. Per Carlo Monguzzi, anche lui consigliere di Europa Verde, “il prezzo di vendita dello stadio fissato in 73 milioni è assolutamente inadeguato e abbiamo continuamente chiesto di sentire il parere di altri esperti. Oltretutto con lo sconto di 70/80 milioni per la demolizione lo stadio risulterebbe addirittura regalato”.
L’Agenzia delle Entrate ha stimato il valore dello stadio basandosi sul costo di costruzione di un nuovo impianto e considerando che gli spazi commerciali non sarebbero incrementabili. Tuttavia, alcuni progettisti, come Arco Associati, avevano proposto piani di ristrutturazione che prevedevano il raddoppio di tali spazi. San Siro continua a generare circa 25 milioni di euro all’anno tra ricavi calcistici ed extracalcistici, rendendo la questione ancora più delicata per il futuro della città. Ma, attenzione, per stabilire il prezzo del Meazza per venderlo a Milan e Inter, l’Agenzia delle Entrate ha chiesto alla società M-I (cioè a Milan e Inter, che oggi gestiscono il Meazza, incassando 36 milioni l’anno a fronte di un affitto di 9, soldi ai quali si aggiungono poi gli incassi da bigliettazione), un’analisi del valore del Meazza. La società M-I ha detto che l’impianto è vetusto, quindi soggetto a forte deprezzamento. L’agenzia delle Entrate ha così stabilito il valore del Meazza, avendolo chiesto a Milan e Inter, per poterlo vendere a Milan e Inter.
E il pubblico? I milanesi? Inermi spettatori della svendita di un bene pubblico.