Terra! Una mappa dell’umanità del futuro

Mag 31, 2024 | Attualità

Nella foto, le foreste distrutte dalla tempesta Vaia sull’altopiano di Asiago, tra le aree maggiormente colpite dall’evento meteorologico estremo che si verificò alla fine di ottobre 2018


Francesco Gatti, cooperatore sociale dal 2000, nell’ambito della sua professione si è occupato di inserimento al lavoro di persone fragili nel ramo ecologico e ambientale. Responsabile Tecnico presso l’Albo Nazionale Gestori Ambientali, dal 2023 fa parte del Comitato di Coordinamento della Comunità del cibo del Parco Agricolo Sud Milano. Appassionato di geografia e storia contemporanea, in Cooperativa ricopre la carica di vice presidente.


“Sai cosa amo di più dei marziani? Che sognano ancora. Noi abbiamo smesso. È un’intera civiltà dedita a un obiettivo comune: collaborare tutti insieme per trasformare una sterile roccia in un giardino. Noi avevamo un giardino e lo abbiamo distrutto”. Sono queste le parole con cui Franklin Degraaf, l’ambasciatore della Terra su Marte, si rivolge a Chrisjen Avasarala, segretaria generale delle Nazioni Unite, in The Expanse, la serie tv di fantascienza futuristica basata sull’omonima saga letteraria scritta dal collettivo James S.A. Corey, prodotta negli Stati Uniti e distribuita in Italia dal gennaio 2016. Sicuramente la fortuna di questa serie ancora in programmazione non è riconducibile alla citazione dell’ambasciatore su Marte, ma alla sua trama che si sviluppa nel XXIII secolo, in un’epoca non popolata da civiltà aliene ma in cui il genere umano, dopo aver colonizzato tutto il Sistema Solare, è prossimo all’autodistruzione.

Ma anche senza fare ricorso alla fantascienza letteraria e cinematografica che molto ha preso dalla scienza e tanto ha restituito alla fantasia – si pensi al film 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrik del 1968, anno in cui il programma Apollo della Nasa era ancora agli albori e l’uomo non aveva ancora messo piede sulla luna; eppure le astronavi, le capsule di crioconservazione, gli schermi digitali e l’intelligenza artificiale presenti nel film sono tutt’oggi moderni e credibili, poiché “tutto è scientificamente esatto e immaginato partendo dal possibile”1 –, una mappa dell’umanità del futuro è già stata tracciata dalla comunità scientifica internazionale: l’Antropocene.

Composto dal greco àntropos (essere umano) e kainòs (recente), il termine è stato divulgato all’alba del XXI secolo dal chimico olandese Paul J. Crutzen, premio Nobel per la chimica atmosferica nel 1995, per definire “l’epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana”2. Ma per maturare la comprensione di avere salutato definitivamente l’era geologica dell’Olocene – dal greco òlos (del tutto) e kainòs (recente) – e di essere entrati nell’era in cui l’uomo con le sue attività è riuscito a incidere in maniera determinante e spesso deleteria3 sugli equilibri della Terra, è necessario – affermano il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani e il geografo Mauro Varotto4 – passare dalla sua definizione scientifica a una presa di coscienza collettiva, e trasformare la conoscenza in consapevolezza.

Ma qui emerge subito il paradosso – è sempre Telmo Pievani a dircelo – davanti a cui ci troviamo: c’è tutta una serie di dati e di evidenze scientifiche sull’evoluzione della mente e sulla psicologia del pensiero che ci dice che problemi e dinamiche come quelle del riscaldamento climatico sono difficili da capire per la nostra mente, per molte ragioni. La crisi ambientale e il riscaldamento globale sono fenomeni talmente complessi e sfaccettati che non riusciamo a focalizzarli nella loro interezza; fenomeni non lineari per cui per un lungo periodo non si vede alcun effetto di questi processi, per poi improvvisamente trovarsi di fronte a un fenomeno atmosferico estremo o un disastro ambientale, magari dove non ce lo si sarebbe mai aspettato: un sistema complesso, quindi, in cui ci sono tante cause che interagiscono le une con le altre in modo non lineare.

Si tratta poi di un processo piuttosto lento rispetto al nostro modo di percepire le cose giorno dopo giorno, mese dopo mese, che richiede decenni e commisurazioni di aumenti di temperature: un processo dentro cui siamo immersi ma che facciamo fatica a comprendere, perché la mente umana è portata a “stare” nel presente o in un futuro a breve termine, e difficilmente agisce nell’ottica di un futuro a lungo termine5. È un processo lontano che riguarda tempi e spazi non prossimi, mentre – sono sempre gli studi citati a dircelo – noi siamo più pronti a prendere un impegno etico se ne vediamo le conseguenze: quando ci viene detto che dobbiamo cambiare le nostre modalità di consumo e i nostri modelli di sviluppo, che dobbiamo prendere decisioni affinché gli effetti positivi si possano vedere nel 2050 o nel 2060, ci viene molto difficile da capire perché questo richiede lungimiranza e una visione di lungo termine.

Inoltre, concetti come la statistica, le medie, la probabilità sono tutti concetti difficili e controintuitivi, che richiedono una spiegazione adeguata e una buona comunicazione da parte della scienza. Insomma, anche se non abbiamo ancora visto Fallout, la recentissima serie tv di ambientazione postapocalittica in cui l’acqua e le forniture di petrolio e uranio iniziano davvero a scarseggiare, il futuro è già presente.


 1 Citazione di George Lucas, ideatore della saga cinematografica Star Wars.

2 definizione del vocabolario Treccani

3 Si veda a tal proposito Antropocene – L’epoca umana, film documentario canadese del 2018 in cui vengono mostrati 43 tra i peggiori disastri ambientali mondiali.

 4 Cfr. Telmo Pievani, Mauro Varotto, Il giro del mondo nell’Antropocene, Cortina Editore, Milano 2022.

 5 Cfr. Telmo Pievani, La sesta estinzione, conferenza tenuta all’università di Padova nel 2022.

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