di Daniele De Luca
Non l’hanno visto arrivare, ma è arrivato. Per la prima volta nella sua storia New York avrà un sindaco dichiaratamente socialista. Il che, per l’80% degli americani, si traduce in comunista. Per di più musulmano.
Zohran Mamdani ha conquistato la vittoria superando il 50% dei voti, in una tornata caratterizzata da un’affluenza notevolmente alta, segnale evidente dell’energia che la sua campagna è riuscita a generare. L’analisi dei flussi elettorali rivela che la sua vittoria è stata cementata dal voto giovanile: circa i tre quarti degli elettori di New York City al di sotto dei 30 anni hanno espresso la loro preferenza per Mamdani, molti dei quali per la prima volta in un’elezione a sindaco. Questo dato sottolinea una forte identificazione tra le nuove generazioni e l’identità di socialista democratico, una categoria politica che, tra i giovani, rappresenta quasi quattro elettori su dieci.
Geograficamente, Mamdani ha dominato in modo netto i boroughs più popolosi e ideologicamente progressisti, vincendo in modo significativo a Brooklyn, Manhattan e nel Bronx. Al contrario, l’ex governatore Andrew Cuomo, che correva da indipendente, ha prevalso solo a Staten Island e in alcune sacche di elettori più moderati.
A livello di identità, la religione ha giocato un ruolo polarizzante. Mamdani ha goduto di un sostegno quasi unanime (circa il 90%) dalla piccola comunità di elettori musulmani della città. Per contro, la maggior parte degli elettori di fede ebraica ha appoggiato Cuomo, riflettendo le preoccupazioni per le posizioni critiche di Mamdani sulla politica israeliana.
New York, New York
Mamdani è l’emblema di una coalizione multiculturale, tipicamente newyorchese, che con il resto degli USA nulla c’entra. Parole chiare, concetti semplici, uno su tutti: la città è di chi ci vive e lavora, della massa di milioni di persone comuni che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Non dei grandi ricchi.
New York, più di altre città – compresa Milano – vive una crisi abitativa profonda: l’emergenza costi degli affitti, l’esaurimento della quota di alloggi accessibili e le pressioni sul bilancio pubblico hanno spinto Mamdani a proporre riforme radicali.
Va detto che il Sindaco di New York gode di possibilità, mandato e fondi che poco hanno a che fare con i nostri primi cittadini. Ha un bilancio annuale da 116 miliardi di dollari, più di 300mila dipendenti comunali e oltre 70 agenzie municipali, che sono il corrispettivo locale dei ministeri. Negli Stati Uniti i sindaci hanno poteri molto più ampi che in Italia: ci sono vari modelli di governo locale, ma nella città di New York i poteri del sindaco sono sostanzialmente pari a quelli che il presidente ha a livello federale. Ha il controllo totale del potere esecutivo, mentre il Consiglio comunale ha solo quello legislativo. Gestisce il bilancio, ha diritto di veto sulle ordinanze del Consiglio e nomina direttamente i capi delle agenzie cittadine comprese polizia, vigili del fuoco, autorità scolastiche e sanitarie e gestori dei trasporti. Divide parte delle responsabilità quotidiane con quattro o cinque vice sindaci, a cui vengono affidate aree di competenza specifiche. Vengono nominati direttamente dal sindaco, rispondono direttamente a lui e possono essere figure non politiche, ma tecniche.
A New York poi tutto assume dimensioni enormi: il dipartimento di polizia, noto con l’acronimo NYPD (New York Police Department) è il più grande del paese, con 35mila agenti e altri 19mila impiegati. Anche il distretto scolastico è il più grande, con 1,1 milioni di studenti e 1.700 scuole. Quarantasei dei 50 stati statunitensi hanno bilanci minori della città di New York: la superano solo California, Texas, Florida e lo stato di New York. Le dimensioni del bilancio non sono un sinonimo di ricchezza: la gran parte degli oltre 100 miliardi finiscono in stipendi, pensioni e interessi sui debiti.
L’agenda di Zhoran Mamdani
I problemi principali che il nuovo sindaco dovrà gestire sono legati all’alto costo della vita, soprattutto per le famiglie. Affitti e prezzi di case e appartamenti sono diventati difficilmente sostenibili anche per la classe media. In città ci sono più di 80mila persone senza casa, ospitate in strutture temporanee: quasi 32mila sono bambini, il 70% del totale sono famiglie.
Mamdani ha puntato molto sulle difficoltà economiche dei cittadini di New York, proponendo che il comune sostenga direttamente le spese di asili e scuole d’infanzia per i bambini fino ai cinque anni di età e promuovendo la costruzione di 80mila case di edilizia sociale, cioè a prezzo calmierato.
Mamdani propone la costruzione di 200.000 unità abitative “permanentemente accessibili” nei prossimi 10 anni. Per finanziare questo piano, prevede di emettere fino a 70 miliardi di dollari in obbligazioni municipali in 10 anni, oltre al piano capitale già in atto. Vuole introdurre un congelamento dei canoni sugli appartamenti “rent-stabilized” (affitti stabilizzati) nella città: la piattaforma indica che il numero di questi alloggi è dell’ordine di circa 1 milione di unità. Propone anche una revisione del sistema delle imposte sulle proprietà: vuole «spostare il fardello fiscale dagli abitanti dei quartieri esterni (outer boroughs) verso le case più costose nei quartieri ricchi e “bianchi”».
Mamdani propone un aumento del tasso dell’imposta sulle società: far salire il tasso statale dal 7,25 % al 11,5%, in modo da generare circa 5 miliardi di dollari l’anno. Vuole introdurre un’aliquota aggiuntiva sull’imposta sul reddito per i residenti della città che guadagnano oltre 1 milione di dollari: ad esempio un’aliquota supplementare del 2% per raccogliere tra 4 e 9 miliardi di dollari.
Insomma, il piano di Zoran è davvero ambizioso. Eppure, molto semplice: chi ha di più paghi di meno, chi ha meno sia aiutato.
Socialismo? Forse…

