Il peso delle parole e il vuoto della deontologia

Lug 11, 2025 | Opinioni


Jacopo Casoni, giornalista professionista, nell’arco della sua carriera si è occupato di tanti temi, dallo sport alla politica, passando per la cronaca e il racconto della città di Milano. Dal 2008 fa parte della redazione di Telenova e dal 2016 collabora anche con testate locali, prima Segrate Oggi e poi il Giornale di Segrate.


Il linguaggio dei media può discriminare e ferire, ignorando Carte, decaloghi, codici. Per superficialità. O per solleticare il click facile e la lettura greve sul web. Il caso di Luino, l’adozione e la cronaca nera

Siamo alle solite. Quelle di una professione e di un Ordine, quello dei giornalisti, che si riempiono la bocca del termine “deontologia” salvo poi sacrificare la stessa sull’altare dei click o delle copie vendute. La drammatica vicenda di Luino, l’omicidio di un padre per mano del figlio, è stata l’ennesimo esempio di una mancanza di quella deontologia tanto professata quanto ignorata, nonostante carte, decaloghi, codici, tutta una sorta di bibliografia che si cita a fondo pagina e della quale il più delle volte ci si dimentica, ammesso che la si conosca.

Quasi tutti i titoli dei giornali e dei siti d’informazione, infatti, contenevano l’aggettivo “adottivo” che seguiva il termine “figlio” o “padre”. Un dettaglio che nulla aggiunge alla notizia di cronaca, che anzi discrimina chi dell’adozione in generale è protagonista, ragazzi e genitori. Quel “adottivo” di fatto dà enfasi alla particolare situazione, come se la stessa fosse stata in qualche modo significativa e decisiva nel caso concreto, come se i figli non biologici fossero più inclini a sviluppare comportamenti violenti nei confronti dei genitori.

Un’assurdità che non trova alcun fondamento statistico. Ma soprattutto una scelta che ha un obiettivo chiaro, quello di stimolare reazioni populiste da parte di un pubblico spesso portato alla morbosità e anche alla lettura greve e a volte becera di ogni episodio, di ogni fatto. Il popolo dei social sempre pronto a lasciarsi andare, a giudicare impunemente; il lettore che della società ha un’idea schematica, tutto è bianco o è nero e ciò che esula da quello che ritiene “normale” ha una connotazione negativa.

Per molti giornalisti o presunti tali grattare quelle pance è diventato un mestiere, un po’ per smania di visibilità e un po’ perché editori e direttori spostano di peso la famosa deontologia e pretendono il contrario, pretendono sensazionalismo a piene mani, populismo in quantità industriale. Eppure l’Ordine obbliga tutti gli iscritti a frequentare corsi che hanno la deontologia professionale come argomento, minaccia sanzioni a coloro che non raggiungono il minimo di crediti formativi legati a questa tematica. Corsi che quasi tutti i giornalisti frequentano online, prestando un’attenzione minima, pronti a tutto, anche a calpestare diritti e dignità, pur di fare un migliaio di visualizzazioni in più o di incassare un “bravo” dal direttore di turno a caccia dell’approvazione dell’editore, quando va bene, perché a volte a interessare è l’opinione del politico di turno.

Del caso di Luino si sono occupate tante realtà protagoniste del mondo delle adozioni, sottolineando quanto sia importante evitare un linguaggio stigmatizzante. Addirittura il Coordinamento CARE ha scritto all’Ordine dei giornalisti e agli altri attori del settore per chiedere un’informazione più attenta e rispettosa, il rafforzamento delle linee deontologiche, una maggiore formazione su questo fronte. Il fatto è che ciò che è accaduto, per l’ennesima volta, non è sintomo di scarsa conoscenza delle corrette pratiche ma di scelte consapevoli, in buona parte dei casi.

E allora torna d’attualità quel Glossario fragile, il progetto collettivo di Legacoopsociali: il tentativo di dare importanza alle parole, di individuare un linguaggio inclusivo, di spiegare quanto conti optare per un termine piuttosto che per un altro in un’ottica di racconto opportuno, scevro da qualsiasi pregiudizio. Un contributo meritorio per mettere al bando discriminazioni che derivano da parole usate con leggerezza, nel migliore dei casi.

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