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Di corsa per un nuovo futuro

Set 5, 2024 | Inclusione, Migranti

Un ragazzo somalo del SAI di Pieve Emanuele entra nel programma di allenamento del Nike Run Club

Lo sport come motore di cambiamento, occasione di emancipazione e inclusione sociale. Ne abbiamo parlato spesso al Melograno, portando tanti esempi. L’ultimo arriva dal SAI di Pieve Emanuele e il protagonista è Muhumed Abdirahman, 20 anni, somalo. Gli operatori del SAI lo hanno messo in contatto con la Nike di Milano: che tra Somalia ed Eritrea ci siano grandissimi corridori e marciatori è cosa nota. Muhumed ama correre. E così è nata una collaborazione.

Muhumed, a destra, insieme al Community coach di Nike Davide Monolo

«Lo abbiamo incontrato insieme agli operatori del SAI – dice Davide Monolo, Community coach di Nike – e ci ha parlato della sua passione per la corsa. Così lo abbiamo inserito nel Nike Run Club, il nostro programma (che è anche una App, ndr) di allenamento e preparazione atletica specifica su vari livelli, dove si corre anche insieme. È andata molto bene, il ragazzo si è divertito e ha ottime potenzialità. Tornerà ad allenarsi con noi, si è subito messo a disposizione con grande volontà». Per Muhumed può iniziare davvero una nuova avventura. Lo abbiamo già visto. Sono tanti i ragazzi di talento che purtroppo solo in pochi casi il sistema di accoglienza riesce a intercettare.

Sport e integrazione, la storia di Lamin

È il caso di Lamin, un ragazzo della Guinea che a soli 17 anni ha lasciato la sua famiglia e i suoi fratelli per inseguire il sogno di diventare un calciatore. Ha lasciato tutto ciò che conosceva e che amava ed è partito per l’Italia, determinato a realizzare il sogno di diventare un calciatore.

Lamin dopo aver attraversato l’Africa e aver vissuto in Libia per qualche mese è arrivato finalmente in Italia nell’estate del 2017, accolto in un primo momento in un CAS a Imperia, nella città dove ha avuto la sua prima occasione per mettersi in mostra come calciatore. Ed è proprio Virtus Sanremo che ha subito notato il suo talento, offrendogli il suo primo contratto. Lamin ha giocato per circa tre anni dovendosi però confrontare con la difficile realtà documentale, per cui doveva anche impegnarsi molto per ottenere un permesso di soggiorno regolare; questi sono solo alcuni dei tanti problemi che un giovane migrante deve affrontare agli inizi del percorso.

Lamin però non si è mai fermato solo al calcio, ha continuato a lavorare duramente anche fuori dal campo per poter ottenere un regolare permesso di soggiorno che potesse dargli un futuro nella nazione che l’ha ospitato. Così, dopo non poche difficoltà, finalmente la Commissione territoriale ha confermato per Lamin la protezione speciale e, come conseguenza dell’ottenimento del permesso di soggiorno, ha avuto diritto ad un SAI, questa volta nel Milanese in uno dei progetti gestiti da Il Melograno. Nonostante il sacrificio di lasciare la squadra e i compagni che lo avevano accolto, Lamin ha voluto accettare questa opportunità, con la speranza comunque di poter tornare un giorno a giocare a calcio.

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