Notizie 

Malattie rare: disabilità e famiglia – verso un nuovo approccio pedagogico

Feb 28, 2023 | Uncategorized

Aiutare le famiglie sul territorio, creare nuove forme di collettività e di integrazione

Il 28 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata dedicata alle Malattie Rare (Rare Disease Day), un ampio gruppo rappresentato da una vasta varietà di patologie che non prevedono una guarigione e che sono accomunate da una bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a 5 individui su 10mila), dalla difficoltà di porre la diagnosi, scarse opzioni terapeutiche, andamento spesso cronico con esiti in molti casi invalidanti causa di disabilità complesse.

In realtà le malattie rare sono molto più diffuse di quanto si immagini. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima in oltre 6.000 il numero di malattie rare. Colpiscono, infatti, 30 milioni di cittadini in Europa e almeno 300 milioni nel mondo. Soltanto in Italia si stima siano oltre un milione le persone che ne sono colpite.  

L’80% delle malattie rare è dovuto a cause genetiche. Il restante 20% è invece il risultato di fattori associati all’alimentazione, all’ambiente, a infezioni o ad abnormi reazioni immunitarie.

Le malattie rare accompagnano l’individuo per tutta la vita e richiedono un impegno fisico e psichico costante e gravoso, non solo per il soggetto che ne è affetto ma anche, spesso, per la famiglia e le persone coinvolte.

Nella maggior parte dei casi insorgono nella prima infanzia e ad essere quindi più coinvolti nel problema, sono i genitori, i caregiver primari (parenti stretti che si occupano dei bambini), fratelli e sorelle dei bambini con diagnosi.

Si tratta di malattie dalla prognosi incerta e a decorso ingravescente che necessitano inoltre di un rapporto continuativo e diretto con le strutture e gli operatori sanitari.

Spesso, inoltre, bisogna tener conto che la diagnosi di una patologia rara avviene proprio alla nascita.

L’esperienza di avere un figlio è “nella norma” elemento che altera gli equilibri presenti in una coppia e in una famiglia. Intorno alla procreazione ruotano molteplici fantasie e bisogni: il desiderio di prolungare la propria vita nel figlio, la speranza di un miglioramento della relazione con il partner, la voglia di trasmettere oltre all’eredità biologica, anche la propria identità culturale. La malattia di un figlio è un evento inatteso e imprevisto, di per sé faticoso e in alcuni casi può rivelarsi come un evento davvero complesso, dove la famiglia si trova ad affrontare il difficile compito di ridefinire il proprio equilibrio.

La nascita di un figlio con una patologia rara o cronica cambia l’identità personale e familiare. Si tratta di un evento imprevedibile, altamente stressante e potenzialmente traumatico; la famiglia si trova in una terra di confine e il bambino con disabilità non ha una valenza sociale “positiva”. Le emozioni sono più intense soprattutto per quanto riguarda le malattie rare, anche a causa della scarsa informazione sul disturbo, portando così a considerare la diagnosi ricevuta come una definitiva perdita del figlio ideale.

Quella stessa diagnosi investe, inoltre, non solo spazi e tempi, ma diviene capace di inserirsi nella costruzione del legame emotivo tra genitore e figlio, in quel legame di attaccamento alla base di un buon sviluppo dei bambini e di una buona relazione e consapevolezza del ruolo di genitori: è come se tutto fosse fuori asse.

In tutte le famiglie si rileva quindi una grande incertezza verso il futuro: si chiedono come sarà il futuro del bambino, se potrà crescere, andare a scuola, essere autonomo. Ma c’è anche un’incertezza legata al presente, all’accudimento che bisogna prestare nel qui e ora.

In modo trasversale a tutti i servizi che possono essere offerti al sistema minori e famiglia diventa quindi fondamentale strutturare degli spazi pensati non solo per il minore ma rivolti alla coppia genitoriale e alla famiglia nel suo insieme. in particolare nelle situazioni dove sono presenti delle fragilità l’obiettivo vuole essere quello di aumentarne il grado di resilienza familiare, intesa come processo che permette al nucleo familiare di trovare un nuovo equilibrio, di riorganizzarsi di fronte a situazioni problematiche trasformandole in potenzialità di cambiamento, attivando le proprie risorse e consentendo uno sviluppo familiare.

Uno sguardo sistemico è quello che contraddistingue le linee di intervento che la cooperativa fa proprie nei confronti della disabilità declinate sui vari servizi, ad esempio il servizio di assistenza educativa scolastica, le misure di assistenza domiciliare per minori con gravi disabilità, i servizi residenziali.

La famiglia della persona con disabilità viene approcciata, inoltre, con una modalità di azione che concepisce la collettività di appartenenza non solo come luogo ma anche come strumento pedagogico e educativo di trattamento.

Essere infatti parte di un tutto favorisce la ricostruzione dell’identità singola e famigliare, sconvolta ed interrotta dal trauma della diagnosi di disabilità; far parte di una collettività nella quale poter spendere i propri talenti e le proprie peculiarità rafforza il proprio senso di competenza e contribuisce al principio di autodeterminazione.

L’autodeterminazione, così esplicitata, riduce il rischio di percepirsi come agenti passivi di un processo di cura e come oggetto di interventi preconfezionati e che portano all’ omologazione di chi li riceve o li subisce.

Oltre ad un importante ingaggio della collettività, del contesto sociale, le linee guida della cooperativa prevedono un’attenzione nei confronti dello spazio e dell’ambiente. Il territorio di appartenenza, infatti, diventa luogo di sperimentazione di sé e di esperienza di bellezza.

Con territorio si intendono i luoghi, con l’ingaggio dei cinque sensi, ma anche le agenzie che li abitano, l’associazionismo che li caratterizza, le istituzioni e le norme che li contraddistinguono.

Il territorio fa da contesto comune in cui le individualità si fanno collettività, nel quale mettere a servizio le proprie competenze e diversità, non solo è integrazione ma è anche implementazione reciproca di valore e di possibilità di azione.

Un esempio trai più significativi, in cui si declina operativamente il nostro approccio, è sicuramente l’esperienza della City farm di Landriano.

La City farm, da poco in gestione alla cooperativa, è uno spazio dove si sperimenta bellezza e contatto con la natura e nel quale i tempi e le caratteristiche di tutti trovano liberano espressione.

All’interno delle attività della fattoria, soprattutto per ciò che concerne la cura del verde, si esce dall’abituale ottica del lavoro sociale, dove l’intervento è spesso diviso in compartimenti anche per ragione di efficacia operativa a seconda della tipologia di disabilità o di disagio sociale.

Nella collettività e nella condivisione di un medesimo tempo e spazio ognuno trova la sua identità, riabilitata e rinvigorita da un ritrovato senso di competenza.

Tutto questo senza dimenticare la famiglia come interlocutore primario che viene, fin dalle primissime fasi, reso partecipe della scelta e dei tempi di processo.

Creare micro-realtà come quelle dalla City farm di Landriano significa restituire un’esperienza di bellezza che passando per l’appartenenza rende tutte le persone, relativamente alle proprie possibilità, ‘pezzi di puzzle’ gli uni per gli altri.

Articoli correlati

Scopri tutti i nostri servizi e progetti

Il Melograno è anche Formazione