La scuola Iqbal Masih di Pioltello è intitolata al bambino pakistano, diventato un simbolo della lotta contro il lavoro infantile
La scelta della scuola “Iqbal Masih” di Pioltello – Est milanese, un distretto in cui Il Melograno opera e ha anche la propria sede – di sospendere le lezioni il 10 aprile, in occasione della festa di fine Ramadan, ha scatenato reazioni scomposte e il consueto circo mediatico tra accuse e allarmi su una fantomatica “islamizzazione”.
Le cose, per chi conosce o ha provato a informarsi sul caso Pioltello, sono ben diverse. E si sta perdendo l’occasione per una riflessione seria su una scelta democratica, votata all’unanimità dal Consiglio di Istituto in cui sono rappresentate tutte le componenti, dai genitori ai docenti. Una decisione che è la fotografia di una realtà che corre veloce e che proprio una “scuola di confine” come quella del Satellite, quartiere multietnico per eccellenza, ha saputo leggere e trasformare in occasione di vera integrazione con pragmatismo e quel buon senso che sembra mancare ai livelli più alti.
I dati: secondo quanto spiegato alla stampa dal dirigente scolastico Alessandro Fanfoni, destinatario poi di vergognosi attacchi, al quale va la nostra solidarietà, il 43% degli alunni dell’Iqbal Masih è di nazionalità straniera, la maggior parte di religione islamica. Da qui la scelta di chiudere le aule nel giorno di Eid-El-Fitr, classi che sarebbero comunque state in gran parte vuote per quella festa di fine Ramadan che coinvolgerà un numero altissimo di studenti. Un riconoscimento insomma di una specificità di quel particolare contesto scolastico, peraltro modello riconosciuto di inclusione e convivenza tra culture diverse. Il tutto nel pieno rispetto delle prerogative degli organi collegiali secondo l’Autonomia scolastica che prevede la possibilità di stabilire giorni di sospensione delle lezioni oltre a quelle del calendario scolastico regionale, garantendo i 200 giorni di lezione complessivi.
Altro che ideologia, “sottomissione” o attacco all’identità nazionale. Una scelta di rispetto reciproco, piuttosto, che dà anche piena attuazione a un principio costituzionale, quello della laicità dello stato e della scuola. Da non lasciar oscurare da un polverone mediatico che certifica anche il ritardo di una certa politica nel leggere quei cambiamenti che sono ormai realtà e che invece la scuola – spesso accusata di non essere al passo con i tempi – affronta tutti i giorni. Una scuola davvero 4.0, non per i tablet e i registri elettronici, ma per la capacità di adattarsi e trovare soluzioni alle sfide del presente.